Il Tar: lo sfollato ha bisogno di svago

Sentenza pilota: non si può togliere la casa a chi si allontana più volte

L'AQUILA. Quattro bussate a vuoto alla porta dello sfollato del progetto Case non bastano per cacciarlo dall'alloggio antisismico provvisorio. Lo stabilisce il Tar dell'Aquila che, con sentenza pilota, rimette dentro casa anche chi si assenta più e più volte dall'appartamento assegnatogli in comodato d'uso gratuito.

I giudici amministrativi (presidente Cesare Mastrocola, consiglieri Paolo Passoni e Alberto Tramaglini) vanno anche oltre. In una sentenza di 9 pagine, che annulla il provvedimento con cui la Sge (Struttura di gestione dell'emergenza) revoca l'assegnazione dell'alloggio, i giudici certificano che gli spostamenti, seppur frequenti, dell'assegnatario in cerca di lavoro, amicizie, rapporti sociali, non bastano da soli a farlo decadere dal beneficio della casa.

Nel caso del ricorso accolto, tra l'altro, si fa riferimento anche a una serie di assenze da casa che una madre (rappresentata in giudizio dall'avvocato Claudio Verini) ha accumulato anche per fare visita alle figlie che vivono fuori città. In questo caso, scrivono i giudici del Tar, «la presenza ridotta nell'alloggio non avrebbe avuto alcun significato di abbandono o di disinteresse verso un alloggio comunque fondamentale nell'assicurare alla beneficiaria un tetto di riferimento». Il Tar censura anche la «mancanza di contraddittorio», addebitata alla Sge, in occasione della revoca dell'assegnazione dell'alloggio.

LA SENTENZA. Scrivono i giudici amministrativi: «Non è qui in discussione l'esigenza di evitare che l'assegnazione gratuita dei vari alloggi di emergenza abitativa post-sisma finisca per essere strumentalizzata dai beneficiari per utilizzi di comodo meramente accessori e secondari, in spregio alle necessità di altri nuclei familiari ancora in attesa di una stabile sistemazione. Ciò, tuttavia», si legge ancora nella sentenza, «non implica che le verifiche di effettività abitativa possano esaurirsi in sopralluoghi a sorpresa, anche perché tale effettività non può certo essere esclusa da un ricorso del beneficiario e del suo nucleo - pur se ancora radicato nei suoi interessi nel territorio aquilano - a spostamenti frequenti che riducono la presenza quotidiana all'interno dell'alloggio, ad esempio nel possibile e legittimo tentativo di esplorare nuovi equilibri anche occupazionali in posti e città limitrofi, vuoi per la presenza, in quei luoghi, di amici e parenti di riferimento, vuoi per possibili prospettive di lavoro et similia ritenute di migliore prospettiva; il tutto, in vista di una comprensibile ricerca di nuova e futura stabilità, diversa da quella - preziosa ma pur sempre emergenziale - assicurata dalle Istituzioni mediante il piano Case».

LO SVAGO. Ecco un altro passaggio della sentenza: «Né gli assegnatari sono tantomeno tenuti a rinunciare a momenti di svago e di evasione lontano dai luoghi del dolore, nel timore che un mancato tempestivo ritorno nell'abitazione al termine delle incombenze quotidiane possa determinare la revoca dell'assegnazione».

I SOPRALLUOGHI. I giudici, infine, dettano anche la linea per il sistema delle verifiche volte a scovare eventuali assenteisti cronici. «Piuttosto, ai sopralluoghi di presenza devono associarsi migliori verifiche di effettività abitativa, basate, ad esempio, sul consumo delle utenze (luce e gas su tutte), sulla frequenza scolastica dei minori facenti parte del nucleo, sulle dichiarazioni dei vicini in ordine alla "visibilità" della famiglia all'interno del complesso e, più in generale del quartiere di riferimento. Solo se tali verifiche conducono, in modo univoco, verso una presenza episodica (e strumentale) del beneficiario nell'alloggio assegnato, potranno valorizzarsi le assenze registrate nei sopralluoghi a sorpresa, ai fini dei doverosi provvedimenti espulsivi».

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