Il violinista marsicano nella terra di Mozart

Da Capistrello a Salisburgo, la carriera del virtuoso che punta su tecnica e creatività

AVEZZANO. Dalla "Russian Tea Room" di New York all' "Opera City" di Tokyo: violinista affermato, Alberto De Meis è partito dall'Abruzzo e si è esibito in tutto il mondo, raccogliendo grandi consensi tra personaggi come l'attore Antony Hopkins, l'ex first lady Hillary Clinton . Un grande talento che non smette mai di mettersi in gioco, di sperimentarsi. Quello che colpisce di più, oltre alla serie interminabile di riconoscimenti e concerti tenuti, è il suo stile.

Ha ricevuto una formazione classica - a Salisburgo - ma in molti suoi pezzi ricerca e sottolinea sonorità nuove, originali. Da cosa è dettato il suo sperimentalismo?

«Di solito, quando eseguo brani classici cerco sempre di reinterpretarli. Di ogni pezzo che arrangio, offro una rivisitazione in chiave pop-moderna, che tenga però conto della linea classica».

Il suo talento l’ha portato in tutto il mondo: eppure il sogno è iniziato quando era ancora un bambino.

In un ambito difficile come quello musicale, come ha trasformato una passione in grandissime soddisfazioni?

«Quando si è bambini non si può ancora parlare di passioni: si inizia per divertimento, quasi per gioco. Il violino poi, è uno strumento ostico, tecnicamente parlando. Per questo è fondamentale un percorso di studi appropriato che dia le basi "tecniche": non bisogna però fare l'errore di "chiudersi" nella teoria e non sperimentare. Nella musica infatti non si arriva mai: posso dire di aver avuto le mie soddisfazioni, ma non smetto mai di migliorarmi, di cercare nuovi orizzonti. Dunque è necessario essere preparati - e il Conservatorio mi ha formato - senza perdere di vista l'esperienza».

Nella scorsa estate, è stato impegnato in numerosi concerti in Giappone. Cosa non dimenticherà mai del Paese del Sol Levante?

«Il Giappone è un Paese che investe moltissimo sulla cultura e l'arte in generale: la musica è sentita, è una grande realtà. I teatri sono enormi, sempre gremiti di persone: è un discorso di natura culturale. Le scuole promuovono ed incentivano lo studio di uno strumento musicale per cui, rispetto all'Italia, c'è un approccio alla musica completamente diverso: il bambino la respira ogni giorno».

I suoi successi sono la dimostrazione che è l'impegno a contare davvero. Eppure ultimamente in Italia la cultura sembra farsi strada con grandi difficoltà …

«A Salisburgo i primi tempi sono stati duri: ma è proprio in questi casi che subentra la passione, è la carica che ti permette di andare avanti. Noi Italiani siamo un popolo di inventori, siamo completi: ciò che manca sono i mezzi, le strutture. Ecco perché oggi come oggi, l'estero offre di più: c'è proprio una cultura del "percorso musicale"».

Irene Scipioni

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