L'Aquila, il 70% dei terremotati vuole lasciare il Piano Case

Sondaggio dell'università tra i residenti del Piano Case: hanno perso i vecchi punti di riferimento e qualcuno ha anche perso il lavoro, così il il 70% degli intervistati vuole lasciare le new town

L'AQUILA. Vorrebbero andar via, ma non hanno alternative. Intanto, in poco più di due anni, hanno cambiato radicalmente le proprie abitudini. Tutti hanno perso i vecchi punti di riferimento e qualcuno ha anche perso il lavoro. Sono gli abitanti del progetto Case, intervistati dagli studenti di Lettere e filosofia guidati dalla ricercatrice Lina Maria Calandra. Un campione di mille persone distribuite su nove diversi siti delle new town, gli agglomerati di case costruiti dopo il sisma del 6 aprile e inaugurati dal premier Silvio Berlusconi.

L'iniziativa C.as.a. (Comunicazione per l'ascolto attivo) è stata presentata ieri durante il Laboratorio-città che si è svolto nel parco del Castello cinquecentesco. «Dallo studio emergono preoccupanti dinamiche di disgregazione e frammentazione sociale», spiega la Calandra. «È evidente, inoltre, la mancanza di comunicazione tra istituzioni e cittadini».

I NUMERI. Le interviste hanno rilevato che il 70% degli abitanti del progetto Case non vorrebbe restare nella residenza dell'emergenza per tutta la vita. C'è tuttavia un buon 19% che al contrario sarebbe felice di farlo. «Si tratta di una fetta piuttosto ampia di popolazione», spiega Calandra, «composta soprattutto da chi abitava nei quartieri periferici, come Pettino, per esempio, dove anche prima del terremoto non c'era vita sociale. Queste persone giustificano la loro scelta con i confort delle abitazioni, la presenza di parchi giochi per i bambini e di posti auto. È evidente, dunque, un individualismo che si sottolinea ancor più quando si chiede a queste persone cosa fanno nel tempo libero. La risposta più frequente è: sto a casa».

L'atteggiamento, tuttavia, è differente anche in base al sito: il 90% degli abitanti di Roio 2 non vorrebbe restare tutta la vita nel progetto Case, mentre a Paganica 2 il 29% lo farebbe volentieri (di questi il 67% abitava nella frazione già prima del terremoto). Per il 41% degli intervistati, le abitazioni antisismiche dovrebbero essere affittate, una volta libere, agli studenti universitari. Ma solo il 7% pensa di lasciare l'appartamento entro un anno, mentre il 45% pensa che ci vorranno più di quattro anni.

In tal senso è evidente la poca fiducia nella ricostruzione: se il 69% degli intervistati vorrebbe tornare nella abitazione che occupava prima del sisma, il 23% ritiene che questo non avverrà: di questi ultimi il 26% ha paura, mentre il 46% è poco fiducioso in una rapida ricostruzione. Una volta lasciato il progetto Case, inoltre, ben il 12% sta valutando l'ipotesi di andare fuori città. Una percentuale alta forse anche a causa del fatto che, prima del terremoto, il 3% degli intervistati era senza reddito, mentre adesso lo è il 5%.

«Quello che risulta è che il danno non è stato causato solo dalla scossa», spiega Calandra, «ma già prima del terremoto erano in atto sul territorio dinamiche di disgregazione. C'erano infatti quartieri-dormitori nati a causa della mancanza di una politica urbanistica adeguata e a una scarsa comunicazione tra cittadini e istituzioni». Un problema molto attuale, secondo la ricercatrice, «considerando che tanti abitanti del progetto Case spesso non sanno a chi rivolgersi per i problemi che sorgono e non hanno più gli stessi punti di riferimento del pre-terremoto».

URBAN CENTER. L'associazione Policentrica ha colto l'occasione del «Laboratorio città» per presentare il progetto di uno spazio specializzato di informazione, dialogo e progettazione condivisa. «La nostra convinzione», dice Antonella Marrocchi, «è che debbano essere organizzati in primo luogo dei tavoli di idee a cui possano partecipare i cittadini. Le proposte che deriveranno da questo saranno vagliate da un Comitato di elaborazione strategica, presieduto dal sindaco e, infine, saranno sottoposte a un Laboratorio di sviluppo progetti. Solo attraverso la partecipazione potrà partire la vera ricostruzione».

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