L'Aquila: il procuratore generale va in pensione, applausi ed elogio all'amicizia / VIDEO

Pietro Mennini compie 70 anni (44 di servizio, 42 in Abruzzo) lascia il servizio per raggiunti limiti di età. impiegati ed ex collaboratori di altre Procure lo salutano in cortile

L'AQUILA. Impiegati del tribunale e tanti ex collaboratori delle Procure abruzzesi dove è stato hanno atteso e salutato con un applauso il procuratore generale Pietro Mennini nel cortile del palazzo di giustizia prima che l'auto blu lo portasse in pensione. In tanti hanno ascoltato il suo saluto dopo quasi 44 anni di servizio,  42 dei quali prestati in Abruzzo. Mennini oggi compie 70 anni e quindi deve lasciare il servizio per raggiunti limiti di età.

GUARDA IL VIDEO di Raniero Pizzi

L'applauso di impiegati ed ex collaboratori al procuratore generale che va in pensione
L'incontro emozionante nel cortile del Palazzo di giustizia dell'Aquila (video di Raniero Pizzi)

"L'amicizia", ha detto nel suo discorso, "è un sentimento, un legame di affetti, ma soprattutto condivisione di valori. Non già come legame per complicità o connivenze per perseguire e conservare privilegi o per dare e ricevere protezione, ma legame forte per raggiungere obiettivi, direi naturalmente comuni, per chi si è dissetato alla stessa fonte della legalità, del rispetto delle regole, ma soprattutto del rispetto dell'uomo".

Il procuratore generale Pietro Mennini (in basso) saluta collaboratori e impiegati (foto di Raniero Pizzi)

Mennini ha toccato diversi punti: oltre al suo lavoro, che ha sempre amato, ha parlato dell'amicizia e dei rapporti umani indispensabili per la crescita lavorativa, e la spiritualità, arrivando a citare Martin Luther King, senza tralasciare un passaggio sul suo amato fratello Pier Giorgio, «sacerdote, gesuita e missionario in India e uomo di grande fede e bontà, scomparso quasi sei anni orsono, che sono certo continua a seguirmi e aiutarmi».

Una famiglia romana, i Mennini, molto conosciuta, che ha sempre avuto un ruolo di primo piano alla Città del Vaticano dove il padre era ai vertici dello Ior, la banca vaticana, e l'altro fratello, don Antonello, diplomatico della Santa Sede, ha avuto la sua notorietà quale "confessore" del presidente della Dc, Aldo Moro, mentre quest'ultimo era prigioniero delle Brigate Rosse. Fu lui infatti a fare da tramite per le comunicazioni epistolari tra il presidente Moro e la sua famiglia in quei tragici giorni che poi portarono all'uccisione del leader della Dc.

copyright il Centro

LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI SUL CENTRO IN EDICOLA