L'Aquila, più vicina la richiesta di processo per Bertolaso

La sentenza d'appello della Grandi rischi inguaia l'ex capo della Protezione civile. L'unico condannato dei sette imputati rappresentava il dipartimento. Il pg Falcone: "Dalla sentenza appare chiaro di chi siano le responsabilità"

L’AQUILA. La Protezione civile e l’ex capo Guido Bertolaso sempre più nel mirino dopo la sentenza della Corte d’Appello che ha assolto sei scienziati confermando la condanna a carico del suo vice dell’epoca, Bernardo De Bernardinis, ridotta da 6 a due anni. Ne sembra convinto il procuratore generale della Corte d’Appello Giuseppe Falcone, noto per la sua riservatezza, il quale, però, data la circostanza, ha rilasciato una breve dichiarazione nella quale dice di essere rimasto sorpreso dal verdetto e di attendere le motivazioni della sentenza «che rispettiamo».

leggi anche: Processo Grandi rischi, l'appello: assolti sei imputati su sette, due anni a De Bernardinis La corte d'appello ribalta la sentenza di primo grado: assolti sei dei sette componenti della commissione accusati di aver rassicurato gli aquilani prima del sisma del 6 aprile 2009. Il pubblico grida: "Vergogna, li avete ammazzati un'altra volta"

«Dalla sentenza», commenta l’autorevole magistrato pugliese che da Roma si è trasferito all’Aquila un paio di anni prima del sisma, «risulta chiaramente che l’unica responsabile è la Protezione civile. È vero che Dolce non è stato condannato ma De Bernardinis era il vice capo dell’organizzazione e quindi c’è una differenza». Falcone non dice altro, ma il passo è breve. Nel senso che la Procura generale è quantomai in procinto di chiedere l’incriminazione di Guido Bertolaso nell’indagine parallela a quella che riguardava la commissione Grandi rischi.

L’indagine poggia sulla ben nota telefonata con l’ex assessore regionale Daniela Stati, nella quale Bertolaso, annunciando i contenuti rassicuranti che sarebbero emersi nella riunione del 31 marzo 2009, ne appare come il vero mandante. Di lì l’atto di conclusione delle indagini con le accuse di omicidio colposo plurimo e lesioni.

leggi anche: Grandi rischi bis, il giudice: altri sei mesi d’indagini L’AQUILA. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale Giuseppe Romano Gargarella ha concesso, com’era nella logica delle cose, la proroga di sei mesi che la Procura generale aveva chiesto...

Un’indagine che sarebbe finita in archivio se la Procura generale non l’avesse avocata su richiesta della parte civile Vincenzo Vittorini rappresentata dall’avvocato Angelo Colagrande. Già il fatto che ci sia stata un’avocazione, che non avviene spesso, lascia supporre l’intenzione della Procura generale di andare fino in fondo e portare Bertolaso davanti a un giudice.

L’avvocato di Bertolaso, Filippo Dinacci, ha presentato una sobria memoria difensiva e non ha chiesto un interrogatorio del suo assistito. A questo punto, a prescindere da quelli che saranno i tempi, manca solo una ipotetica richiesta di processo o di archiviazione da parte del sostituto procuratore generale Romolo Como, lo stesso che ha rappresentato l’accusa nel processo di appello alla commissione Grandi rischi.

L’avvocato di Bertolaso, in occasione della prima udienza del processo alla commissione che ci fu il 10 ottobre, in relazione alla possibile incriminazione del suo assistito in riferimento al procedimento satellite, fu perentorio. «Bertolaso in questo procedimento», ebbe a dire a margine dell’udienza, «non ci entrerebbe nemmeno applicando il diritto islamico».

In città intanto si preparano due manifestazioni per protestare contro la sentenza. La prima è annunciata per domani alle 18,30 alla Villa comunale per iniziativa di cittadini, esponenti di associazioni, familiari delle vittime. L’altra, nata su Facebook, è prevista domenica 23 alle 16 a Piazza Duomo.

Spunta il problema del risarcimento alle parti civili. In astratto può dirsi, secondo alcuni legali, che chi ha ottenuto un risarcimento rischia di doverlo restituire. Più in particolare, il dispositivo della sentenza non prevede direttamente alcun risarcimento ai parenti delle vittime con riferimento alla condanna a due anni (pena sospesa) per De Bernardinis. Nel dispositivo si prevede solo la condanna dell’imputato, in solido con il responsabile civile-presidenza del Consiglio dei ministri, a «rifondere alle parti civili le spese di patrocinio», per 40 mila euro.

Le parti civili però si sono mosse in modo differente sul fronte del risarcimento del danno: c’è chi non ha atteso neanche la sentenza di primo grado per avviare l’istanza in sede civile e chi, invece, ha deciso di attendere la conclusione dell’iter giudiziario penale per iniziare il percorso. Per questi ultimi solo al termine dell’ultimo grado di giudizio, e quando la sentenza diventerà definitiva, sarà possibile avviare le cause in sede civile per il risarcimento dei danni.

La sentenza di primo grado, però, ha già previsto alcune provvisionali per i familiari delle vittime, anche se al momento non è possibile fare una stima del denaro percepito, anche perché non tutti i parenti o eredi hanno voluto incassare la somma loro assegnata. Tra chi ha percepito la provvisionale, con somme variabili tra i 100mila e i 200mila euro a parente, ci sono però anche gli eredi di vittime per le quali De Bernardinis è stato assolto per insufficienza di prove. In questo caso, teoricamente, lo Stato, in caso di sentenza definitiva positiva per l’ex vice capo della Protezione civile, potrebbe richiedere indietro la somma, ma alcuni legali spiegano che proprio la formula dell’assoluzione, cioè l’insufficienza di prove, consentirebbe di evitare la restituzione del denaro. A meno di modifiche in Cassazione con assoluzione con formula piena.

©RIPRODUZIONE RISERVATA