L'Aquila, processo alla commisione grandi rischi L'esperto russo in aula: "Sciame sottovalutato"

La testimonianza di Vladimir Kossobokov: sbagliato parlare di scarico di energia

L'AQUILA. Impossibile predire il giorno e l'ora in cui si può verificare una forte scossa di terremoto. Ci sono però degli "indicatori" che possono far "alzare" l'asticella del rischio sismico e la popolazione di questo deve essere informata. La commissione Grandi Rischi in quella ormai tristemente famosa riunione del 31 marzo del 2009 non fece bene il suo lavoro. E' la sintesi di quanto ha detto ieri al processo ai componenti di quella commissione, Vladimir Kossobokov.

Vladimir Kossobokov, è russo ed è considerato uno dei massimi esperti di terremoti e componente di commissioni di studio sul rischio sismico. Ieri è stato chiamato a testimoniare nel corso della sedicesima udienza del processo alla commissione Grandi rischi. L'esperto é stato convocato davanti al giudice Marco Billi dall'avvocato di parte civile Wania Della Vigna. Kossobokov fin da subito dopo la forte scossa del sei aprile 2009 ha assunto una posizione molto critica nei confronti di quanto emerso dalla riunione della Grandi Rischi. Tanto che, nel luglio del 2010, il russo rifiutò di firmare una lettera aperta (inviata al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) di sostegno agli scienziati messi sotto accusa dalla Procura dell'Aquila.

La testimonianza di Kossobokov è stata molto "faticosa". Infatti una traduzione assolutamente inadeguata ha fatto perdere gran parte del senso delle risposte dell'esperto e ha dato il destro agli avvocati della difesa di fare spesso contestazioni con l'obiettivo (naturalmente lecito) di vanificare dichiarazioni che ai fini del processo potrebbero risultare importanti.

Alla fine della deposizione uno degli avvocati delle parti civili, Fabio Alessandroni, ha chiesto di poter acquisire il file audio per affidare a un proprio consulente la traduzione puntuale di quanto detto dall'esperto russo.

Comunque sono emerse in maniera abbastanza evidente una serie di censure che lo scienziato ha fatto ai suoi colleghi italiani in riferimento alla riunione del 31 marzo 2009.

In sostanza, secondo Kossobokov, alla data in cui fu riunita la Grandi rischi c'erano tutti gli elementi non per predire il terremoto ma per prevedere che lo sciame crescente, la storia sismica del territorio aquilano, la vulnerabilità degli edifici - soprattutto quelli del centro storico - potevano far pensare a una forte scossa con crolli delle abitazioni o gravi danni che si sono rivelati fatali per 309 persone. L'esperto ha poi detto che il ripetersi di piccole scosse non può portare alla conclusione che ci si trova di fronte a uno scarico di energia come pure fu detto in alcune avventate dichiarazioni di quei giorni.

Quando la parola è passata agli avvocati degli imputati lo scienziato è stato sottoposto a una serie di domande che avevano lo scopo di mettere in dubbio le sue affermazioni. Uno dei legali, Alfredo Biondi, ha ricordato al testimone una previsione sbagliata fatta nel 2000 quando ipotizzò una forte scossa in Piemonte che poi non avvenne. L'esperto ha risposto di non ricordare nel dettaglio l'episodio e che avrebbe consultato le sue carte e inviato al legale una relazione scritta sulla vicenda.

Alla fine, rispondendo alle domande dei cronisti dopo la deposizione, Kossobokov ha chiarito che la questione «non è indovinare la data dei terremoti», ribadendo che lo sciame andava valutato diversamente dal punto di vista del rischio sismico. L'esperto russo all'interno della comunità scientifica viene ritenuto essere un grande oppositore di Enzo Boschi, già presidente dell'Ingv e uno dei sette imputati nel processo.

L'udienza è andata avanti con le testimonianze di alcuni parenti delle vittime (richiesti dall'avvocato Maria Teresa Di Rocco) e del dottor Vittorio Sconci che ha riferito al giudice la storia di una persona che dopo il terremoto ha avuto grossi problemi di tipo psicologico (fra cui una forte depressione).

L'udienza si è conclusa con la deposizione spontanea di uno degli imputati, Bernardo De Bernardinis, il quale ha voluto replicare a un teste che aveva detto che la Protezione civile all'epoca avrebbe potuto avere a disposizione anche i dati, acquisiti con il satellite, sulla vulnerabilità degli edifici il che avrebbe permesso di fare una adeguata prevenzione. De Bernardinis ha replicato che quei dati prima del sisma non erano disponibili e lo sono diventati solo dopo.

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