L'Aquila, spuntano altri tesori dell'antica Amiternum

Gli scavi portano alla luce una domus romana del I secolo con pavimentazione a mosaico e affreschi

L’AQUILA. Una domus romana del I secolo, con pavimentazione a mosaico e affreschi parietali. È l’ultimo dei tesori emersi durante gli scavi archeologici nell’antica città di Amiternum, a poca distanza da San Vittorino. Un “gioiello” che è stato ricoperto temporaneamente, per tornare a essere indagato il prossimo anno e anche fruibile al pubblico. Le indagini erano partite già due anni fa, quando era stata trovata una necropoli medievale all’interno dell’antica città: una ventina di sepolture risalenti al XIII secolo. Dell’anno scorso, invece, il rinvenimento della cattedrale di epoca longobarda, risalente al VII secolo, nella zona dell’anfiteatro romano. Lo scavo degli ultimi mesi ha dimostrato che la chiesa era stata preceduta da altri due luoghi di culto, uno del V e l’altro del VI secolo, costruiti su un’antica domus romana.

«Nelle ultime settimane siamo riusciti a determinare meglio le cronologie, che comunque confermano le ipotesi precedenti», spiega Fabio Redi, docente di Archeologia medievale dell’Università dell’Aquila, che ha diretto gli scavi. «Soprattutto, la prima chiesa, l’edificio più antico, del V secolo, è stato portato meglio alla luce. Si tratta del primo edificio di culto cristiano che si innesta con una grande domus romana di II/III secolo». È stato anche possibile capire, dallo scavo, che prima di questa domus ce n’era un’altra, più antica, di I/II secolo. «La parte emersa durante lo scavo dovrebbe essere pertinente al peristilio. Abbiamo trovato ampie superfici (fino a 4-5 metri quadrati) di pavimentazione a mosaico con tessere bianche e rara presenza di tessere nere che compongono figure geometriche, come losanghe», continua il docente. «Si tratta di un mosaico tipico del I secolo dopo Cristo. Sulle pareti della domus sono stati anche rinvenuti affreschi geometrici, in bianco e nero che imitano dei conci di marmo, un finto apparato murario. Sia il mosaico che gli affreschi sono stati restaurati e consolidati».

Durante lo scavo sono state anche portate in evidenza strutture costruttive degli edifici di culto cristiani, di VI, VII e VIII secolo. «La più antica dovrebbe risalire al primo vescovo storico attestato dai documenti, Valentino. Aveva un fonte battesimale a immersione, impermeabilizzato a cocciopesto, dentro l’abside», spiega Redi. «La seconda probabilmente appartiene al periodo di Quodvultdeus, vescovo di Cartagine al tempo dell’invasione dei Vandali di Genserico e poi profugo a Napoli (V secolo), o al periodo del vescovo successivo, Castorio. Quodvultdeus ha anche ristrutturato e monumentalizzato la tomba di San Vittorino all’interno delle catacombe. È stata poi trovata la cattedrale corrispondente al vescovo Cetteo, martirizzato dai Longobardi durante il loro arrivo ad Amiternum».

Il progetto, per il prossimo anno, è di completare lo scavo per lasciare a vista tutte le strutture, sia la domus con la pavimentazione a mosaico e gli affreschi murari, sia le tre grandi chiese, due delle quali con fonti battesimali: uno dentro l’abside del primo edificio, l’altro più grande circolare al centro del secondo edificio. «Una struttura che probabilmente non doveva essere la cattedrale, ma il battistero», come afferma il docente. «L’anno prossimo, infatti, intendiamo ampliare lo scavo accanto a questa zona per cercare appunto la cattedrale. Sta ormai tornando alla luce tutto il complesso episcopale di Amiternum: battisteri, fonti battesimali, basiliche, cattedrali e speriamo che presto emergano anche l’episcopio, il palazzo vescovile e i suoi annessi. Possiamo già parlare, comunque, di una città non solo romana ma anche medievale».

Michela Corridore

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