«Le nostre accuse reggono»

Dopo i primi interrogatori parla Rossini.

L’AQUILA. La sfilata dei primi indagati per l’interrogatorio di garanzia nell’ambito della maxi inchiesta sul terremoto ha segnato subito, anche se con toni non polemici, la netta presa di distanza delle persone sotto inchiesta dalle tesi accusatorie della Procura: tutti gli indagati hanno rigettato le accuse che parlano omicidio colposo, disastro colposo e lesioni colpose.

Ma due giorni dopo la conclusione della prima trance di interrogatori, il procuratore capo, Alfredo Rossini, sentenzia che il primo round è appannaggio dell’accusa: «A nostro avviso sono confermate le ipotesi accusatorie», spiega Rossini. «Non abbiamo avuto dagli interrogatori la sensazione, per ora, che le persone non c’entrino. Certo si vedrà nei processi: se ci saremo sbagliati, gli indagati saranno assolti, se no condannati». La scorsa settimana ci sono stati complessivamente nove interrogatori: due per il filone di inchiesta sul crollo del Convitto nazionale, dove sono morti tre giovani, sette per quello sul crollo della Casa dello studente, con otto giovani scomparsi. Per quest’ultimo caso, gli inviti a comparire erano nove, ma due, tra cui il progettista dell’opera, l’ingegnere Claudio Botta, 89 anni, non si sono presentati.

Complessivamente, gli avvisi di garanzia per il primi tre filoni d’inchiesta, oltre alla Casa dello studente e il Convitto nazionale, il crollo della sede della facoltà di ingegneria a Roio, sono 26 (rispettivamente 15, 2 e 9). Continuano gli interrogatori: giovedì sarà il turno del direttore dell’Adsu, Luca Valente, del presidente dimissionario, Luca D’Innocenzo. Il 6 e il 7 sarà la volta degli indagati per la sede di ingegneria accusati di disastro colposo. «Si fa male chi respinge le accuse», prosegue Rossini, «puntiamo al dialogo, quindi, se un indagato non è coinvolto, lo può spiegare e si arriverà all’archiviazione. È un’indagine che ha in ballo la pelle della gente, il sangue, i lutti, in questi processi non si scherza».