Avezzano

Marocchino ucciso a Lodi, la telefonata del cugino alla madre: «L’ho ucciso io»

4 Luglio 2025

È in carcere l’uomo accusato dell’omicidio di Mohamed Kaoukeb: oggi l’udienza di convalida. Indagini per conoscere il movente. I parenti della vittima: «Da questa storia nessuno esce vincitore»

AVEZZANO. Si trova rinchiuso nel carcere di Lodi Mohamed Aziz, accusato di essere l’assassino di suo cugino, Mohamed Kaoukeb Raji, il 21enne marocchino ucciso da un colpo di fucile al petto e abbandonato in un campo di mais lungo un canalone che costeggia l’A1, al confine tra Pieve Fassiraga, Villanova del Silaro e Massalengo. Stamattina l’udienza di convalida. Si è presentato spontaneamente in Procura due giorni fa, dicendosi estraneo ai fatti. Contro di lui prove rilevanti. Si procede per omicidio aggravato. Sconosciuto il movente del delitto.

Lo zio e il cugino della vittima, Ikoukeb Raji jilali e Ismail Mourchd, entrambi residenti a San Benedetto dei Marsi, non hanno mai avuto dubbi sull’identità del responsabile. Dopo essere partiti alla volta del Lodigiano e aver loro stessi trovato il corpo senza vita del giovane, hanno riferito agli inquirenti una precisa versione dei fatti. «È stato il cugino a chiamare sua madre in Marocco. «L’ho ammazzato», le ha detto. La donna ha chiamato la famiglia di Raji e ha raccontato tutto. Il padre ci ha telefonato disperato e ci ha chiesto di andare a cercarlo».

Secondo quanto ricostruito – che dovrà trovare riscontro in tribunale – si tratterebbe di un dramma familiare. Mohamed laraichi avrebbe sparato al suo stesso cugino, presumibilmente, nella notte tra giovedì e venerdì scorsi. Stando a quanto dichiarato dai parenti, tra i due sarebbero emersi i primi attriti già diverse settimane fa.

Ricercato dai carabinieri di Lodi, coordinati dal sostituto procuratore Martina Parisi, si è sentito messo alle strette. Dopo giorni di stenti, costretto a tenersi lontano dai suoi ripari di fortuna, stabilmente presidiati dai militari, nel pomeriggio di mercoledì si è presentato in Procura. «So che mi state cercando. Ma io di questa storia non ne so nulla. Sono due mesi che non vengo a Lodi». Convinto di poterla fare franca, al termine della sua deposizione ha chiesto se potesse andare via. A quel punto i carabinieri lo hanno posto in stato di fermo e trasferito nel carcere cittadino. Gli inquirenti hanno un quadro probatorio indiziario solido nei suoi confronti. E diversificato. Confermato dai diversi testimoni informati sui fatti. Questa mattina è atteso dinanzi al gip per l’udienza di convalida del fermo. Dovrà rispondere di omicidio aggravato.

Il 21enne era arrivato ad Avezzano a inizio 2024, dove aveva vissuto per quasi un anno. Appena sette mesi fa aveva deciso di spostarsi al nord, in cerca di lavoro. Ma era rimasto incastrato negli ambienti legati allo spaccio di droga. Il suo corpo è stato trovato tra i fusti di granoturco dal cugino, dallo zio e da un amico, Charick Abdelkabir, partiti dalla Marsica. Dopo aver rintracciato il casolare in cui il giovane aveva trovato rifugio occasionale, hanno passato al setaccio l’area circostante. Sulla sponda di un canalone che costeggia l’autostrada, il corpo senza vita.

La famiglia chiede giustizia. I parenti in Italia hanno affidato la procura per la difesa all’avvocato Mario Del Pretaro, che rappresenterà anche i genitori e i fratelli della vittima. In questi giorni il legale è in contatto con l’ambasciata per poter ottenere i permessi per imbarcare la salma del giovane in Marocco. «Certamente siamo soddisfatti del fermo di quello che abbiamo sempre sostenuto fosse il responsabile. Ma non possiamo dirci appagati», così Abdelkabir. «La vita di un 21enne è stata stroncata. E un’altra sarà costretta al carcere a lungo. Nessuno ne esce vincitore».

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