Palazzo Federici, i giudici del Tar: «Sbagliato parlare di esproprio»
Contro vincolo e diritto di prelazione esercitato dal ministero si era opposto uno dei proprietari dell’immobile Così il decreto di tutela «non va incidere sull’alienazione della proprietà al prezzo chiesto dal ricorrente»
L’AQUILA. Contro il diritto di prelazione – grazie al quale il ministero della Cultura (Mic) acquisterà per una cifra, pare, superiore ai 10 milioni di euro Palazzo Federici (ristrutturato nel post sisma a spese dello Stato con oltre 8 milioni) – aveva fatto ricorso anche uno degli attuali proprietari del palazzo denunciando una sorta di espropriazione da parte del Ministero.
Il Tribunale amministrativo regionale nella sentenza scrive che «in relazione alla censura secondo la quale il provvedimento adottato (vincolo e prelazione) comporta una ingiustificata e illegittima compressione del diritto di proprietà e libertà negoziale del proprietario realizzando un vero e proprio atto di espropriazione mascherato si osserva che il concetto di prelazione è ben differente dalla espropriazione. L’istituto della prelazione non comprime alcun diritto di proprietà del venditore, perché interviene solo successivamente a una decisione del proprietario. Ciò a differenza di quanto previsto dalle azioni di esproprio che intervengono anche senza il necessario consenso del proprietario, nel tempo definito dall’interesse pubblico, con un corrispettivo economico non quantificato dal privato come in una libera compravendita ma al valore di mercato del bene. Il Decreto di tutela non incide in alcun modo in relazione alla volontà di alienare la proprietà di Palazzo Federici al prezzo richiesto dallo stesso ricorrente». Quello che la prelazione forse preclude è la possibilità di “affittare” locali per negozi e ricostituire una corposa rendita.
Nel ricorso del proprietario si affermava che a motivazione del vincolo il ministero della Cultura «fa riferimento a generiche e irrilevanti qualità urbanistiche, a sporadici episodi di architettura e ad arredi assai poco significativi di Palazzo Federici, senza recare alcuna descrizione dei piani interni (dal secondo al quinto piano), che evidentemente sono privi di requisiti che possano attribuire all'edificio valori storici o artistici» e che «il palazzo è stato oggetto di massicci lavori di ristrutturazione anche dopo il sisma del 2009».
Il Tribunale amministrativo regionale ricorda che la parte pubblica (la Soprintendenza e quindi il Mic) ha già riconosciuto «un pregio all’edificio prima dell’apposizione del vincolo e proprio in occasione dei lavori di restauro con il riconoscimento di un contributo pari a 8.070.254 tale a fronte di un primo incremento del contributo base del 60% e di una successiva e ulteriore integrazione dedicata alle lavorazioni di restauro proprio in virtù del valore culturale del bene oggetto di giudizio».
Insomma, per i giudici, il vincolo se da una parte ha fatto comodo per prendere più soldi per ristrutturare a spese delle casse pubbliche, dall’altro non può essere contestato solo perché si decide di vendere e monetizzare.
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