Preside contro il murale al bidello Mario Magnotta: «Ignorati i Nove Martiri aquilani»

Il dirigente scolastico Masci (istituto comprensivo Gianni Rodari): «Esempio di bullismo diseducativo», la proposta di intitolare i plessi agli eroi «deliberata dalla scuola, ma ignorata in consiglio comunale»
L’AQUILA. «Io che cosa c’entro con questa cosa? Io la lavatrice l’ho pagata». Forse commenterebbe così Mario Magnotta la polemica che si è accesa nelle ore appena successive all’inaugurazione del murale che lo raffigura all’ingresso del polo scolastico di Colle Sapone. Vittima, ancora una volta, del mito che involontariamente ha creato. Un “mito” popolare che, tuttavia, rischia di veicolare un messaggio quantomeno discutibile. Ne è convinto Marcello Masci, dirigente dell’istituto comprensivo Gianni Rodari, un istituto che conta nove plessi, da Sassa a Roio, a Pianola.
magnotta e i nove martiri
«Già lo scorso anno ho avanzato la proposta di intitolare i plessi dell’Istituto Rodari ai Nove Martiri aquilani. La proposta, deliberata in collegio e in consiglio d’istituto, è stata trasmessa al consiglio comunale, che però non ha ritenuto di esprimersi. La mia idea nasceva dall’esigenza di dare un nome e un’identità a scuole oggi indicate solo come “Musp 7” o “Musp 8”. I Nove Martiri erano giovani, alcuni erano studenti e sacrificarono la propria vita per la libertà: figure esemplari, capaci di rappresentare un punto di riferimento educativo per ogni ragazzo aquilano. Questa iniziativa è stata rinviata con l’intento, evidente, di respingerla. Proporre Magnotta come icona di fronte a una scuola significa elevare a simbolo un personaggio che nulla ha a che fare con la crescita degli studenti, e che anzi rischia di diventare un esempio negativo. Con tutto il rispetto per una figura che ha rappresentato a suo modo la cultura popolare della città, ritengo giusto che gli sia stato dedicato uno spazio. Ma ben diverso è eleggerlo a simbolo di fronte a un polo scolastico». Il confronto, nelle parole del preside, è impietoso: «Se si boccia l’intitolazione ai Nove Martiri e si finanzia invece un murale a Magnotta, si crea un corto circuito culturale. La vicenda di Magnotta, uomo umile spesso ridicolizzato dai benpensanti e benestanti, oggi sarebbe letta come una forma di bullismo. È questo il messaggio che vogliamo consegnare alle nuove generazioni?».
le reazioni
Sulla stessa linea si colloca Ferdinando di Orio, ex rettore dell’Università, che sottolinea il rischio di una caduta di tono istituzionale: «Pur rispettando la memoria di Magnotta, trovo che sia veramente di cattivo gusto celebrare con le istituzioni della città un atto di vero bullismo verso un innocente». Le critiche si allargano anche al linguaggio che ha reso celebre il personaggio. L’avvocato Fausto Corti pone una questione ironica, ma non priva di sostanza. Si chiede infatti come siano stati valutati, ai fini dell’elevazione di Magnotta a simbolo cittadino, i contenuti delle registrazioni che l’hanno reso noto, compresi i modi di esprimersi poco compatibili con l’immagine di un’icona educativa. E aggiunge: «Chiedo per un ministro baciatore di rosari e per un sindaco devoto cattolico». Il dibattito, insomma, non riguarda solo il murale, ma tocca corde più profonde: il rapporto tra cultura alta e cultura popolare, tra memoria storica e icone effimere, tra esempi educativi e fenomeni di costume. La designazione dell’Aquila a Capitale italiana della cultura 2026 aggiunge un ulteriore livello di riflessione. Quale immagine intende offrire la città di sé e della propria storia? È possibile tenere insieme la memoria dei Nove Martiri, l’eredità di personalità artistiche e intellettuali di respiro internazionale e la figura di un uomo diventato noto perché preso di mira da scherzi telefonici? Il confine tra cultura e banalizzazione resta sottile, mentre la città cerca di ricostruire la propria identità, oscillando tra memoria e spettacolo, tra educazione e folklore.
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