Processo Grandi Rischi, lo sfogo di Zamberletti “Serve una legge”. E chiama in causa Bertolaso

Il padre della protezione civile commenta la sentenza che condanna i sette componenti della commissione: “Il governo deve mettere in una cornice precisa le responsabilità della comunità scientifica”. Poi chiama in causa Bertolaso: “Doveva prendere lui le decisioni”
L’AQUILA. «Ora mi aspetto un passo del governo, occorrerebbe una nuova legge che metta in una cornice precisa queste responsabilità, evidenziando la responsabilità per dolo, per colpa grave, rispetto alla libertà di espressione e di valutazione, che dev’essere assolutamente garantita». Lo ha affermato a Radio 24 l’ormai ex presidente emerito della Commissione Grandi Rischi Giuseppe Zamberletti, in relazione alla decisione di dimettersi dopo la sentenza del Tribunale dell’Aquila. «Il rischio - ha aggiunto - è che o la comunità scientifica, almeno nei suoi vertici più significativi, si rifiuti di partecipare o vi partecipi viziata dal timore e quindi portata sempre a disegnare rischi estremi tanto per non sbagliare».
Ma il padre della Protezione civile in Italia, all’indomani della sentenza che ha condannato i sette componenti della commissione per il mancato allarme prima del sisma che nel 2009 ha distrutto L’Aquila, chiama in causa anche Guido Bertolaso. L’ex numero uno della Protezione civile è il grande assente nella girandola di reazioni alla sentenza del tribunale dell’Aquila. Ora è in Africa dove esercita la sua professione di medico. A tirarlo in ballo è proprio Zamberletti: «Era la Protezione civile che doveva prendere delle decisioni», riferendosi al mancato allarme pre-sisma all’Aquila. Zamberletti ricorda che non partecipò alla riunione dell’Aquila, «però avevo sconsigliato a Bertolaso, che mi aveva telefonato, di riunire la commissione all’Aquila, perché in quei giorni era nata un polemica tra la comunità scientifica ufficiale ed il ricercatore Giuliani e per questo temevo che l’incontro sarebbe stato travisato. Avevo suggerito di tenere la riunione a Roma. È stato un errore convocare all’Aquila quella riunione perchè è stata interpretata come una visita che si sarebbe conclusa con un rapporto alla popolazione».
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