Processo Tuccia, primo round all’accusa

Ammessa la costituzione di parte civile del Centro antiviolenza delle donne che ha chiesto 100mila euro di danni
L’AQUILA. Sit-in, rose rosse distribuite davanti al tribunale, poesie e striscioni con slogan contro la violenza alle donne: questo il prologo al processo a porte chiuse a carico dell’ex militare Francesco Tuccia, accusato di tentato omicidio e violenza sessuale ai danni di una studentessa universitaria. I fatti, gravissimi, sono ben noti alla cronaca.
Tuccia è accusato di avere violentato la ragazza davanti alla discoteca di Pizzoli «Guernica» e di averla lasciata lì tramortita e sanguinante. Se non fossero arrivati in tempo gli uomini della sicurezza, che bloccarono Tuccia, forse la ragazza sarebbe morta dissanguata e per il freddo, visto che i fatti risalgono al febbraio scorso. Tuccia, assistito dagli avvocati Antonio Valentini e Alberico Villani, non si è presentato anche se in tribunale c’erano i suoi genitori. Al contrario, la studentessa, che si è parzialmente ristabilita, era presente accompagnata dai genitori.
«Si spera in una sentenza giusta che faccia da deterrente per altri fatti simili e dia modo che in futuro non accadano più». Così si è espresso il padre della studentessa fuori dall’aula del tribunale durante una pausa. «Mia figlia ha ripreso gli studi e in apparenza traspare una certa tranquillità. Ha alti e bassi, magari l’avvicinarsi del processo l’ha resa nervosa», ha aggiunto. «Abbiamo passato momenti difficili», ha concluso, «nei quali mia figlia poteva anche morire. Ora ci siamo risollevati ma c’è rabbia per un fatto senza spiegazioni. Questi fatti si leggono sui giornali e non si pensa che possono capitare anche a noi».
«Mi dispiace che mia figlia», ha mormorato la madre conversando con i carabinieri, «abbia dovuto lasciare L’Aquila, cosa che per lei è stato uno stravolgimento della vita molto pesante».
Comunque, per quanto il processo sia alle prime battute, ha segnato subito un piccolo successo dell’accusa visto che il Centro antiviolenza per le donne è stato ammesso come parte civile. «Si tratta di un risultato importante», ha commentato l’avvocato Simona Giannangeli. «Negli ultimi 15 o 20 anni sono state pochissime le occasioni in cui queste associazioni sono state ammesse ai processi per violenza». Le difese si sono opposte sostenendo che quest’associazione non ha rappresentanza nazionale e per la genericità dello statuto costitutivo in relazione agli intenti. Contestata anche la richiesta di danni in 100mila euro, da destinarsi, in caso di accoglimento, in opere benefiche. I giudici (Grieco, Radoccia e Ciofani), dunque, hanno ammesso la costituzione e poi si è andati avanti nell’ audizione di alcuni testimoni dell’accusa. Si tratta dei carabinieri (De Leonardis, Ronchey, D’Alesio) i quali hanno confermato l’impianto accusatorio, Lo ha ribadito anche l’avvocato di parte civile Enrico Maria Gallinaro . «Hanno ricostruito il fatto», ha detto il legale, «e ripetuto quanto già emerso nelle indagini. Al medico e allo psicologo, consulenti dell’accusa, sono state chieste cose sulle modalità del reato e sono state confermate».
Il processo, che andrà avanti per via ordinaria, sarà articolato in diverse udienze e la prossima è stata già fissata per il 19 novembre. Anche in quella data saranno ascoltati altri testimoni dell’accusa.
Intanto, sulla vicenda, si registrano alcuni commenti. Uno arriva dal circolo Sel ed è firmato dalla coordinatrice Pina Leone. «Le donne del centro antiviolenza», ha scritto in una nota, «hanno ottenuto un risultato strepitoso e costituendosi parte civile hanno ottenuto il riconoscimento rafforzando la battaglia legale della ragazza che ha patito la violenza, Siamo solidali con la loro battaglia». La stessa Donatella Tellini, fondatrice del Centro antiviolenza, ha spiegato che la costituzione di parte civile «è stata studiata nei minimi dettagli. Chiederemo al giudice che sia riconosciuta anche l’accusa di tentato omicidio».
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