Quando in casa c’è il ristorante

L’esperimento di una coppia di Avezzano: cibo e spesa si condividono, a tavola anche gli estranei

AVEZZANO. Funghi, tartufi e fagiolini, pasta fatta in casa, carne alla brace, ma anche pesce. Prodotti da mangiare in compagnia. Ma non in un ristorante o in una trattoria. Ad Avezzano si può sperimentare il primo “home restaurant”, una nuova formula di cucina “condivisa” anche con alcuni clienti, che poi di fatto clienti non sono, in quanto a loro viene chiesto solamente di condividere i soldi della spesa.

Pionieri dell’iniziativa sono due giovani, uniti oltre che dall’amore anche dalla passione per la cucina e i cibi sani, che arrivano dagli allevatori e dai coltivatori locali. Giorgio D’Amico, originario di Morino, e Giorgia Lucci, di Avezzano, hanno già un lavoro: lui al Consorzio acquedottistico marsicano, lei nel settore immobiliare. È così che si sono conosciuti: lei gli ha affittato l’appartamento in cui ora lui vive, in via Crispi, in pieno centro ad Avezzano.

L’attività di “home restaurant” si svolge o nell’appartamento di via Crispi o in una villa di Scalzagallo, nella zona residenziale della città.

Com’è nata l’idea di organizzare delle cene in casa, a cui partecipano anche degli estranei?

«Qualche anno fa partecipai a una cena in casa a Trastevere, a Roma», racconta la donna, «e fu entusiasmante. Puoi ritrovarti seduta accanto a persone di altri continenti e insieme a loro puoi trascorrere qualche ora alla scoperta di tradizioni ed esperienze nuove, mentre assapori cibi buoni e particolari. Ho sempre amato cucinare e anche Giorgio condivide questa passione. Abbiamo provato una volta e ci è piaciuto. Da lì abbiamo creato un gruppo su Facebook, dove lanciare l’iniziativa».

«Più di una volta abbiamo già accolto alcuni miei colleghi», va avanti D’Amico. «Fondamentalmente dividiamo la spesa per comprare il cibo, poi per la preparazione iniziamo a organizzarci qualche giorno prima, considerato che soprattutto al mattino lavoriamo. Come facciamo a saper cucinare? È da quando sono piccolo che vedo cucinare mia madre Rossana. E ancora prima ammiravo nonna Silvana o la mia bisnonna Ida. Giorgia segue l’esempio della nonna Erminia e della madre Annamaria. Anche suo padre sognava di organizzare un ristorante in casa. Facciamo tutto artigianalmente e spesso arricchiamo solo le ricette che ci hanno tramandato loro. Accettiamo i consigli di chi ci viene a trovare e se ci chiedono piatti particolari li sperimentiamo».

Per ora sono poche le regole che disciplinano l’attività del “ristorante in casa” e per questo D’Amico ha anche chiesto allo sportello delle attività produttive del Comune quali sono gli adempimenti per “essere in regola”.

«Non ci guadagniamo», conclude il giovane. «Si può spendere dai 10 fino ai 30 euro, a seconda dei cibi. Per ora abbiamo solo poche regole: i dolci li fa quasi sempre Gaia, mia figlia, il vino lo portano esclusivamente gli ospiti e noi ci sediamo a mangiare con loro. Soprattutto c’è la regola che a tavola si mangia bene e ci si diverte in compagnia».

Magda Tirabassi

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