Traffico di droga, 10 anni per chiedere il processo

L’operazione, con l’impiego di decine di carabinieri, portò all’arresto di 9 persone Sull’inchiesta l’ombra della camorra, l’udienza preliminare fissata a luglio

SULMONA. All'epoca, era il 2006, la notizia finì su tutte le prime pagine dei quotidiani e fu l’apertura di molti Tg. Decine di carabinieri con cani antidroga impegnati nelle campagne di Castelvecchio Subequo e gli elicotteri che sorvolavano il cielo del piccolo centro della Valle Subequana messo a soqquadro per un giorno dalle forze dell’ordine.

Tutti impegnati a stanare un’organizzazione dedita allo spaccio di stupefacenti. In quella circostanza i carabinieri dissero che si trattava di un gruppo di trafficanti e spacciatori sospettati di avere rapporti con il clan camorristico Limelli-Vangone. Un’operazione in grande stile, per bloccare un traffico di droga tra la Campania e l’Abruzzo, che portò all’arresto di nove persone e al recupero di un consistente quantitativo di droga che era stato nascosto in un contenitore di plastica e seppellito in un campo. Una vicenda giudiziaria che dal 2009, anno in cui vennero chiuse le indagini preliminari, è rimasta conservata in qualche scaffale del terzo piano del palazzo di giustizia di piazza Capograssi. E che ora è miracolosamente riapparsa a distanza di più di 10 anni con la richiesta di rinvio a giudizio di 8 dei nove imputati. Si tratta di un’intera famiglia di Castelvecchio Subequo, i fratelli Salvatore, Massimo e Domenico Franzese, la moglie di Massimo, Maria Tresca, Tommaso Di Rocco di Pescara, Giuseppe Valeri, Tonio Valeri e Silvana Di Pietro, tutti di Raiano. Per loro le accuse sono di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Il caso è stato additato come esempio di giustizia lumaca, con un fascicolo che viene aperto nel 2006 e viene chiuso alla fine di febbraio del 2016, con la richiesta di rinvio a giudizio degli imputati. L’udienza davanti al gup è stata fissata al prossimo 7 luglio. Ma intanto il procuratore Giuseppe Bellelli, arrivato a Sulmona lo scorso mese di ottobre, vuole vederci chiaro su come sia stato possibile che un’inchiesta chiusa nel 2009, sia rimasta sospesa fino a pochi giorni fa. La ricerca ha portato a scoprire che all’epoca la comunicazione di conclusione delle indagini fu notificata a uno solo dei nove indagati. Poi il trasferimento in altra sede del sostituto procuratore titolare delle indagini decretò la sospensione momentanea dell’inchiesta, con gli avvocati che si guardarono bene dal segnalare il caso, così da ritardare il più possibile il corso della giustizia.

Bisognerà aspettare fino al 2013 quando un altro sostituto procuratore viene messo a conoscenza dell’inchiesta ferma ormai da quattro anni, per far ripartire di nuovo le notifiche, questa volta recapitate a tutti gli indagati. Solo a maggio dello scorso anno si arriva alla nuova richiesta di rinvio a giudizio che però, viene depositata all’ufficio del gup Marco Billi il 25 febbraio scorso.

Fascicolo che il giudice si preoccupa di esaminare lo stesso giorno fissando l’udienza preliminare al prossimo mese di luglio. Ma gli avvocati degli imputati già promettono battaglia. «Si tratta di una vicenda che risale a 10 anni fa che ha visto protagoniste persone diverse dalle attuali che nel frattempo si sono sposate e hanno messo su famiglia», evidenzia l’avvocato Daniele Di Bartolo, che difende Giuseppe e Tonio Valeri e Silvana Di Pietro, «tra l’altro i fatti contestati sono stati già definiti con un patteggiamento della pena che è già stata espiata». Insomma le sorprese continuano a stare dietro l’angolo di una vicenda giudiziaria che sembra non avere mai fine.

Claudio Lattanzio

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