TRIESTE

"Uccise un sacerdote": ex parroco dell'Aquilano condannato a 21 anni 

I giudici d’Assise: «Don Paolo Piccoli ha strozzato un anziano religioso nella casa di riposo». Motivazioni tra 90 giorni

L’AQUILA. Secondo i giudici della Corte d’Assise di Trieste, don Paolo Piccoli, ex parroco di Pizzoli e Rocca di Cambio, è l’assassino di un anziano sacerdote, Giuseppe Rocco, morto a 92 anni per strozzamento. Il collegio ha inflitto 21 anni e 6 mesi di carcere al prete, che è tuttora incardinato nella diocesi aquilana. Una pena molto simile a quella chiesta dal pm: 22 anni.
Il fatto si verificò cinque anni fa nella Casa del Clero, a Trieste, una casa di riposo per preti dove ha soggiornato anche Piccoli il quale è in quiescenza pur avendo solo 54 anni. Le motivazioni si conosceranno tra 90 giorni.

La sentenza è stata preceduta da una camera di consiglio relativamente breve per un reato tanto grave: 3 ore. Don Paolo ieri non era presente in aula e non rischia il carcere visto che la sentenza non è esecutiva ma c’è l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il pagamento di una provvisionale alle parti civili di 120mila euro. L’avvocato aquilano Vincenzo Calderoni, codifensore del sacerdote è laconico: «Aspettiamo le motivazioni e poi faremo ricorso in appello. Non condividiamo la sentenza ma va accettata. Ovviamente speriamo di ribaltarla».
Secondo le tesi della Procura don Paolo avrebbe ammazzato il vecchio sacerdote con una motivazione molto futile: lo scopo era quello di rubargli una collanina e altri oggetti ritenuti di valore. Principale testimone nel processo a favore dell’accusa è stata la perpetua. Ma, come ha detto la difesa rappresentata dagli avvocati Stefano Cesco e dallo stesso Calderoni, la perpetua risulterebbe come beneficiaria dell’eredità del prete ucciso. Ma Eleonora Di Bitonto, la perpetua, non è mai stata indagata: nel corso delle indagini e del processo non è mai emerso alcun elemento che potesse far presupporre un suo coinvolgimento dell'omicidio. Anzi. La morte del novantaduenne in prima battuta era apparsa a tutti gli effetti un decesso naturale. A inguaiare il prete veronese macchie di sangue sul letto dove era stata composta la salma della vittima. Di lì l’ipotesi della morte dopo una colluttazione. Ma Piccoli, secondo la difesa, soffriva all’epoca di una patologia della pelle con perdite ematiche, certificata dal medico curante; stando alle testimonianze raccolte, questa malattia lo affliggeva da tempo e sarebbe stata confermata dai testimoni. La perdita di sangue ci sarebbe stata quando Piccoli somministrò l’estrema unzione.

La difesa aveva chiesto, invece, l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” sostenendo che, stando ad alcune risultanze peritali, il decesso sarebbe avvenuto per cause naturali. In subordine la richiesta è stata di assoluzione “per non aver commesso il fatto”.
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