Sulmona

«Violentata dall’età di 10 anni, con quei video mi ricattavano»: la terribile denuncia della ragazzina abusata

15 Settembre 2025

Le analisi di cellulari e pc sequestrati al 14enne e al 18enne potrebbero mettere nei guai altri adolescenti. Almeno 40 i giovanissimi in possesso dei filmati

SULMONA. «Mi hanno ricattata per circa due anni. Non potevo fare a meno di incontrarli. Un incubo». È un passaggio agghiacciante fatto di lacrime e singhiozzi quello contenuto nella denuncia della 12enne residente a Sulmona, ascoltata dagli inquirenti in presenza dei familiari, abusata e ricattata fin dall’età di 10 anni da altri due giovanissimi, un 14enne e un 18enne, stranieri come la ragazzina, residenti in un comune della Valle Peligna. L’inchiesta potrebbe allargarsi ai giovanissimi che hanno ricevuto sul proprio telefono filmati con contenuto sessualmente esplicito e, dopo averli visionati, li potrebbero avere inoltrati ad altri contatti.

Una quarantina i sospettati. La storia ricostruita dagli investigatori comincia a luglio 2023 quando la presunta vittima era una bambina. Sarebbe stata avvicinata dai due conoscenti nei giardini del parcheggio di Santa Chiara a Sulmona. Lì si sarebbe consumato il primo rapporto sessuale, contro la volontà della vittima che, in quella circostanza, era stata filmata. Video che i due avevano conservato nella rubrica del telefono per poi ricattarla. Gli atti sessuali sarebbero stati poi compiuti a cadenza periodica, in luoghi privati, anche a casa degli indagati, dove la persona offesa veniva invitata.

Secondo quanto ricostruito, sarebbe stato proprio il racconto della giovane vittima ai propri genitori a far scattare le indagini che hanno portato anche alle perquisizioni in casa dei due e al sequestro di materiale informatico. Un inferno iniziato nell’estate del 2023 e andato avanti per due anni, fino a quando la presunta vittima ha raccontato tutto ai genitori, spiegando anche la presenza di video e foto che la ritraevano e che sono circolati su un gruppo di Whatsapp degli amici. Così i familiari si sono presentati dai carabinieri. «Dovevo andare perché mi minacciavano, dicendomi che se rifiutavo l’incontro, avrebbero poi inviato i filmati a tutti i miei amici» ha denunciato la ragazzina ai militari lo scorso luglio, quando i filmati sarebbero finiti sulle chat di altri adolescenti.

Proprio la vittima, infatti, alla vista di un suo video a sfondo sessuale che girava nella chat di un gruppo Whatsapp ha trovato la forza di raccontare tutto al padre e alla madre. Secondo l’accusa, i giovani hanno prima abusato della ragazzina e poi l’hanno ricattata con le foto e i video girati durante la violenza per ottenere altri incontri sessuali con loro e perché la ragazzina non parlasse. Il sostituto procuratore Angela D’Egidio ha aperto un fascicolo e ha iscritto sul registro degli indagati il 14enne, accusato di violenza sessuale in concorso e revenge porn, ovvero diffusione illecita di materiale a contento sessualmente esplicito senza il consenso della persona ritratta. Dal Tribunale per i minorenne è inoltre partita la segnalazione alla procura di Sulmona che si sta occupando della posizione del 18enne, anch’egli indagato per gli stessi reati.

I magistrati hanno quindi emesso il decreto di perquisizione, eseguito dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Sulmona: sequestrati pc, tablet, cellulari e tutto quanto utile alle indagini. I militari vogliono verificare sia la provenienza del materiale visivo sia chi ne ha avuto accesso e in con quali modalità. L’indagine quindi potrebbe allargarsi con una contestazione anche nei confronti di chi ha divulgato i video. Dalle prime verifiche è emerso che 40 persone, tutte giovanissime, erano iscritte nel gruppo di whatsapp e, oltre a ricevere i filmati, potrebbero averli inoltrati. In quel caso anche loro potrebbero essere tirati in ballo dai magistrati e iscritti sul registro degli indagati per il revenge porn che punisce, con la reclusione da uno ai sei anni, quanti inoltrano immagini a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso della persona rappresentata.

Per ricostruire la rete dei contatti, compito non facile, è stata disposta una perizia tecnica sui telefoni e sul materiale sequestrato. Al termine degli accertamenti, la Procura del Tribunale per i minorenni e la Procura della Repubblica di Sulmona, che indagano sul caso per violenza sessuale in concorso e revenge porn, decideranno se ampliare l’elenco degli indagati. I genitori della vittima, che è stata indirizzata a un centro antiviolenza, chiamato ad attivare tutti i percorsi per affrontare quanto accaduto, si sono affidati all’avvocata Maria Grazia Lepore. «Vicenda esecrabile. Abbiamo una ragazza da tutelare, in tutte le sedi, senza alcun dubbio» commenta. Al momento non sono stati adottati provvedimenti cautelari né per il minore né per il 18enne iscritti nel registro degli indagati.

Il 18enne si è affidato all’avvocato Renzo Colantonio del Foro di Pescara, mentre il 14enne è difeso dall’avvocato Alessandro Margiotta, il quale ha avuto già i contatti con il proprio assistito. «Bisogna accertare la capacità d’intendere e volere al momento del fatto del mio assistito. Tuttavia, al di là dei risvolti processuali, ciò che rende terribile la storia è la vicenda in sé, che è un attentato allo sviluppo psico-fisico dei minori. Famiglie e scuole dovrebbero quindi prevenire queste vicende che sono scabrose dal punto di vista sociale» sottolinea Margiotta. «Il mio assistito paradossalmente è sconvolto dall’evento e trumatizzato, non quanto la vittima, ovviamente, alla quale va la nostra solidarietà, visto il risvolto mediatico» aggiunge l’avvocato sulmonese.

«La gravità del fenomeno del revenge porn è amplificata dalla giovane età della vittima e degli autori del reato. Preoccupa la sessualizzazione precoce di bambini e preadolescenti, lesi nella loro dignità e nella mercificazione del corpo». È il commento di Nicoletta Romanelli, criminologa e psicologa che accende un faro sul fenomeno che coinvolge sempre di più i giovanissimi. «Si crede che la sessualizzazione delle condotte e dei comportamenti renda grandi, quando, purtroppo, grandi non si è ancora. È chiaro che lo strumento digitale crea una risonanza esponenziale delle ricadute di certi eventi, in forza della pervasivitá e della capillarità della diffusione dei contenuti. A mio avviso, è necessario operare un discorso di ampio respiro, che chiami in causa famiglia – sempre più spesso latitante e adolescente – e istituzioni, depauperate dell’autorevolezza, inerente la cura dell’altro, in particolar modo dei minori».

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