Addio alla chiesa, la città si divide

San Rocco trasferito in un'ex scuola. Gli anziani: noi non ci andremo
SAN GIOVANNI TEATINO. Ultimati, in piazza San Rocco, i lavori di demolizione della chiesa di San Rocco. Nell'area dove fino a giovedì scorso sorgeva l'edificio di culto, eretto nel secondo dopoguerra, non ci sono più nemmeno le macerie. L'impresa incaricata ha già rimosso le montagne di calcinacci prodotte dall'abbattimento della struttura.
Del complesso parrocchiale è rimasto in piedi solo il campanile, che sarà buttato giù nei prossimi giorni. La demolizione della chiesa di Sambuceto, dove tra l'altro si festeggerà San Rocco il 16 agosto, è stata voluta dall'amministrazione del sindaco Verino Caldarelli. Non tutti i cittadini hanno gradito lo spettacolo del complesso religioso caduto in tre giorni sotto i colpi di ruspe e gru. Nonostante che la stragrande maggioranza, il 75 per cento, degli elettori che nel 2007 si sono recati a votare al referendum sull'abbattimento di San Rocco si sia pronunciata a favore, c'è chi in questi giorni si dice amareggiato per la casa del santo patrono che non c'è più. Sono soprattutto gli anziani a manifestare una certa contrarietà, alimentata dal fatto che quasi nessuno crede la nuova chiesa di via Cavour si farà in tempi brevi. «Ho 85 anni, di sicuro non mi ricorderò la nuova parrocchia», le parole di un anziano che osserva le ruspe che scuotono le pareti della chiesa. «Che hanno fatto nel frattempo? Hanno messo il santo in un'ex scuola. Ho già detto ai miei figli che quando toccherà farmi il funerale, lì dentro non mi ci devono portare. Voglio andare a San Giovanni alta se non ci sarà neve, o direttamente al cimitero». «Pensare che all'Aquila stanno facendo di tutto per recuperare la storia, qui spendiamo soldi pubblici per distruggerla. Quando mai si è visto che le chiese vengono fatte a pezzi», ragionano altri anziani fermi a vedere i lavori. Ma c'è anche chi la demolizione la condivide, del resto l'esito del referendum è stato inequivocabile: «Il futuro avanza, siamo fiduciosi e aspettiamo la nuova San Rocco». Nel corso dei lavori di demolizione, per alcuni istanti si è sentita la terra tremare quando le ruspe hanno colpito e buttato giù il corpo centrale dell'edificio.
In autunno il Comune dovrebbe dare il via ai lavori di restyling della piazza, nella versione progettata dal famoso architetto Mario Botta. Un intervento ideato per riorganizzare gli spazi pubblici, creando un'ampia area di collegamento tra la ferrovia e la nuova chiesa patronale, anch'essa disegnata dall'architetto Botta. «I lavori avranno inizio non appena si concluderà, per fine agosto, la vendita dello stadio di via Quasimodo. Con quei soldi, oltre due milioni, finanzieremo gli interventi del nuovo centro», spiega Caldarelli, «Non c'era modo di recuperare l'edificio, il direttore dei lavori ha fotografato le fondazioni, praticamente non c'erano: 10 centimetri di cemento e poi solo mattoni. Non esisteva possibilità di tenerla in piedi per usi futuri, alla luce delle normative antisismiche. Sono pochi i contrari alla demolizione, c'è solo strumentalizzazione, la gente non è dispiaciuta».
I consiglieri di opposizione Alessandro Feragalli e Sandro Paludi: «Abbiamo tentato in ogni modo di conservare la struttura, destinandola a teatro-auditorium. In merito alla gestione delle risorse pubbliche interesseremo la Corte dei Conti».
Del complesso parrocchiale è rimasto in piedi solo il campanile, che sarà buttato giù nei prossimi giorni. La demolizione della chiesa di Sambuceto, dove tra l'altro si festeggerà San Rocco il 16 agosto, è stata voluta dall'amministrazione del sindaco Verino Caldarelli. Non tutti i cittadini hanno gradito lo spettacolo del complesso religioso caduto in tre giorni sotto i colpi di ruspe e gru. Nonostante che la stragrande maggioranza, il 75 per cento, degli elettori che nel 2007 si sono recati a votare al referendum sull'abbattimento di San Rocco si sia pronunciata a favore, c'è chi in questi giorni si dice amareggiato per la casa del santo patrono che non c'è più. Sono soprattutto gli anziani a manifestare una certa contrarietà, alimentata dal fatto che quasi nessuno crede la nuova chiesa di via Cavour si farà in tempi brevi. «Ho 85 anni, di sicuro non mi ricorderò la nuova parrocchia», le parole di un anziano che osserva le ruspe che scuotono le pareti della chiesa. «Che hanno fatto nel frattempo? Hanno messo il santo in un'ex scuola. Ho già detto ai miei figli che quando toccherà farmi il funerale, lì dentro non mi ci devono portare. Voglio andare a San Giovanni alta se non ci sarà neve, o direttamente al cimitero». «Pensare che all'Aquila stanno facendo di tutto per recuperare la storia, qui spendiamo soldi pubblici per distruggerla. Quando mai si è visto che le chiese vengono fatte a pezzi», ragionano altri anziani fermi a vedere i lavori. Ma c'è anche chi la demolizione la condivide, del resto l'esito del referendum è stato inequivocabile: «Il futuro avanza, siamo fiduciosi e aspettiamo la nuova San Rocco». Nel corso dei lavori di demolizione, per alcuni istanti si è sentita la terra tremare quando le ruspe hanno colpito e buttato giù il corpo centrale dell'edificio.
In autunno il Comune dovrebbe dare il via ai lavori di restyling della piazza, nella versione progettata dal famoso architetto Mario Botta. Un intervento ideato per riorganizzare gli spazi pubblici, creando un'ampia area di collegamento tra la ferrovia e la nuova chiesa patronale, anch'essa disegnata dall'architetto Botta. «I lavori avranno inizio non appena si concluderà, per fine agosto, la vendita dello stadio di via Quasimodo. Con quei soldi, oltre due milioni, finanzieremo gli interventi del nuovo centro», spiega Caldarelli, «Non c'era modo di recuperare l'edificio, il direttore dei lavori ha fotografato le fondazioni, praticamente non c'erano: 10 centimetri di cemento e poi solo mattoni. Non esisteva possibilità di tenerla in piedi per usi futuri, alla luce delle normative antisismiche. Sono pochi i contrari alla demolizione, c'è solo strumentalizzazione, la gente non è dispiaciuta».
I consiglieri di opposizione Alessandro Feragalli e Sandro Paludi: «Abbiamo tentato in ogni modo di conservare la struttura, destinandola a teatro-auditorium. In merito alla gestione delle risorse pubbliche interesseremo la Corte dei Conti».
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