Montesilvano

«Anni di veleni nel fiume Saline», ecco tutte le accuse della Procura

8 Novembre 2025

Le attività della Regione per limitare l’inquinamento «non hanno prodotto alcun beneficio». Per il pm «la cattiva manutenzione contribuisce a formare percolato che si disperde nel sottosuolo»

MONTESILVANO. Il primo obiettivo dell’inchiesta della Procura di Pescara, sulle presunte omissioni nella bonifica della discarica dismessa di Villa Carmine a Montesilvano e sull’inquinamento ambientale, è quello di arrivare nel più breve tempo possibile alla messa in sicurezza dell’area, diventata una vera bomba ecologica. Ed è in questo senso che vanno letti gli avvisi di garanzia notificati ai sei indagati, contestualmente al sequestro della discarica disposto dal pm Andrea Di Giovanni ed eseguito dalla Guardia costiera nella giornata di giovedì. Indagati, per omessa bonifica e inquinamento ambientale, sono l’attuale assessore regionale Emanuele Imprudente, nonché vice presidente della giunta Marsilio (con delega ad Agricoltura, Ambiente e riserve naturali, Sistema idrico); il consigliere regionale Nicola Campitelli (con delega che riguarda anche i rifiuti); il commissario straordinario dell’Arap (Agenzia regionale attività produttive) Mario Battaglia; e tre funzionari regionali che si sono alternati quali responsabili dell’ufficio bonifica e rischi ambientali della Regione Abruzzo: Silvia De Melis, Salvatore Corroppolo e Nunzia Napolitano. Prima di far scattare il sequestro, la Procura pare abbia atteso la fine dei lavori (fissati al 31 luglio scorso) in corso su quella discarica. Intervento eseguito dalla Regione che ne è diventata responsabile quando il sito venne declassato da area Sin Saline Alento a Sir. Ma visto che i lavori erano ormai fermi da mesi, la Procura ha deciso per il sequestro. Anche perché il magistrato aveva ricevuto la relazione della guardia costiera che «metteva in luce una grave emergenza ambientale presso la discarica Villa Carmine, utilizzata dagli anni 70 per lo sversamento di rifiuti di provenienza urbana, come deposito temporaneo in attesa di un impianto di trattamento e smaltimento mai realizzato». Nel 1996 la discarica venne chiusa e nel 2016 posta anche sotto sequestro (con il commissario ad acta nel frattempo nominato, Domenico Orlando, poi condannato in via definitiva per reati ambientali). L’Arta, nel frattempo eseguiva una serie di prelievi e di accertamenti tecnici evidenziando i contorni di una bomba ecologica con valori di elementi tossici e nocivi che superavano di molto il limite consentito. Non solo, ma metteva in guardia sulla dispersione del percolato e non solo nelle zone limitrofe (dove insistono terreni coltivati), ma anche e soprattutto nelle acque del vicino fiume Saline. Gli accertamenti permisero poi di accertare anche un fatto gravissimo. E cioè che «il sistema di raccolta e stoccaggio del percolato dell’intera discarica – come si legge nel decreto di sequestro – risulta smantellato, infatti le cisterne adibite alla raccolta dello stesso sono staccate dal ciclo di captazione e dismesse a circa 20 metri a nord rispetto alla massa di rifiuti». Si parla di un’area che ha un’estensione di 21mila metri quadrati, che contiene circa 300mila metri cubi di rifiuti per un’altezza di 38 metri. E la copertura, che doveva proteggere e contenere i rifiuti, presenta una serie di lacerazioni: «È evidente – scrive il pm – che tale stato di cattiva manutenzione permette, ovviamente, alle acque meteoriche di penetrare nei rifiuti sottostanti e quindi contribuire alla formazione di percolato che si disperde nel sottosuolo e nel vicino fiume Saline».

Ed ecco emergere il problema politico e la volontà degli enti preposti di mettere effettivamente in sicurezza il sito. E quindi il pm evidenzia il passaggio della delibera di giunta regionale (658 del 17 ottobre 2023) con la quale venivano drasticamente ridotti i fondi assegnati all’Arap per la messa in sicurezza del sito (solo 1.850.000 euro) che poi, a sua volta, «approvava il progetto degli interventi MISE “Impianto di Pump e stock acque sotterranee discarica di Villa Carmine” per un importo di 182mila euro, non idoneo a ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito». E soprattutto veniva meno l’obiettivo della bonifica dell'area per la quale erano necessari dai 10 ai 20 milioni di euro. «Da un’analisi della documentazione» si legge ancora nel decreto di sequestro «è emerso che nel corso degli ultimi sette anni, la Regione Abruzzo ha sostenuto spese ingenti per incarichi di consulenza, analisi e progettazione, finalizzati alla formale gestione ed al contenimento del percolato prodotto dalla discarica oltre che alla sua corretta gestione, tuttavia, nonostante l’accumularsi di questi interventi e l’onerosità degli importi spesi, tali attività non hanno prodotto alcun beneficio ambientale tangibile, lasciando inalterata la problematica del percolato rilasciato nelle acque superficiali e nel sottosuolo». Per cui l’obiettivo primario del pm Di Giovanni è ora quello di accertare (con un’apposita consulenza) l’estensione e la gravità del livello di inquinamento ambientale (con analisi, carotaggio e caratterizzazione del sito) e, allo stesso tempo, verificare la «perduranza del superamento delle soglie di concentrazione rischio in relazione a più parametri, oltre che verificare l’idoneità delle opere ad oggi ivi collocate a raggiungere le finalità di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione ivi presente».