Arrestato un ex ciclista professionista 

Ordinanza del gip a carico di Fabio Taborre, 32 anni, montesilvanese. Nei guai anche un complice di Cappelle sul Tavo

MONTESILVANO. Un ex ciclista professionista agli arresti domiciliari per furto aggravato in abitazione. Si tratta di Fabio Taborre, 32 anni, ex professionista perché l’anno scorso l’Unione Ciclistica internazionale l’ha squalificato per quattro anni dopo che a giugno del 2015 Taborre era stato trovato positivo, in un test fuori competizione, all’Fg-4592, un metabolita che simula la produzione di Epo. Potrà tornare a competere nel 2019, ma nel frattempo l’ex ciclista professionista è tornato far parlare di sé.
La notizia la danno i carabinieri che nella notte di venerdì scorso sono andati a notificare a Taborre, e al suo presunto complice Antonino Galletta, 59 anni di Cappelle sul Tavo, già noto alle forze dell’ordine, l’ordinanza di custodia cautelare disposta dal gip del Tribunale di Pescara. Il furto contestato, infatti, risale allo scorso giugno, e ad incastrare Taborre e Galletta c’è quello che i carabinieri del Nucleo investigativo diretti dal maggiore Massimiliano Di Pietro gli hanno trovato in possesso durante un controllo. Un controllo per la verità non casuale, visto che i due quel 27 giugno vennero notati vicino alla stazione ferroviaria di Montesilvano, mentre i due si apprestavano a recuperare due auto, una Volkswagen Golf e una Kia Sportage risultate rubate due giorni prima a Giulianova e a Francavilla. Scatta la perquisizione dei carabinieri che nelle vetture trovare numerosi arnesi da scasso, due martinetti per il sollevamento delle autovetture, una centralina marca Bosch per autovettura Kia, chiavi di accensioni di Bmw, 4 pneumatici completi di cerchi in lega per autovetture Hyndai, e poi ancora due carte postamat e un attrezzo in acciaio. Un attrezzo caratterizzato da un perno sporgente con un congegno a leva utilizzato per forzare cassaforti a muro. Per i carabinieri quell’arnese è qualcosa in più rispetto alla presunta ricettazione per quelle macchine risultate rubate. E gli stessi militari vanno subito a verificare l’intestazione delle due carte postamat. Sono di una coppia di Farindola che a fine giugno si trovano in vacanza in Puglia. Quando gli investigatori li chiamano, chiedendogli conto di quelle due carte, la coppia racconta di averle lasciate a casa e da lì capiscono di essere stati derubati.
Gli investigatori guidati da Di Pietro ricostruiscono anche che i ladri avevano forzato una finesta e la cassaforte a muro proprio grazie a quell’attrezzo in acciaio sequestrato a Taborre e a Galletta. In pratica, dopo aver praticato un foro con il trapano, si inserisce il perno nello sportello della cassaforte che a quel punto agisce da sollevatore dei sostegni laterali fino a provocare il distacco del sistema di apertura sul quale restano impressi i segni distintivi del perno.
«Questa metodica di scasso», spiegano gli investigatori, «rappresenta un salto di qualità nella pratica dei furti in abitazione in relazione alla capacità di forzare casseforti, in particolare quelle a muro, con una tecnica rapida che si realizza attraverso l’uso di uno strumento artigianale». Uno strumento contraddistinto da segni di assoluta rilevanza investigativa e che, a detta dei carabinieri, potrebbe aver coinvolto numerose altre abitazioni della provincia.
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