Bombarolo in fuga in Abruzzo, la sorella: è solo esasperato

Patrizia Di Santo, sorella dell'uomo accusato di aver tentato di far esplodere la casa dei vicini a Cepagatti e dell'attentato al tribunale di Chieti: mio fratello non è delinquente, sta solo chiedendo aiuto per chi come lui non ha un lavoro, non ha soldi e nessuno che lo tuteli
PESCARA. «Gli voglio bene, scrivete a caratteri cubitali che gli voglio bene». Piange Patrizia Di Santo, la sorella minore di Roberto che ancora non riesce a capacitarsi del pandemonio innescato dal fratello. «Non ce l’aspettavamo, Roberto non ha mai fatto capire che poteva arrivare a fare un gesto simile». Piange, Patrizia, che senza quel fratello accanto ha perso la sicurezza e la spalla su cui appoggiarsi. «Soprattutto negli ultimi due mesi siamo stati molto vicini, perché mi stava aiutando a ristrutturare casa, a Villanova di Cepagatti, e anzi eravamo ormai arrivati alla fine. Martedì scorso dovevamo andare a scegliere le mattonelle, invece mi hanno chiamato i carabinieri, di andare subito a Villanova, per quello che era successo».
Da allora è passata quasi una settimana e di Roberto, che nel frattempo ha incendiato l’auto dei vicini di casa della sorella, ha allestito un ordigno nell’appartamento al piano terra e dato fuoco alla sua auto davanti all’ingresso del Tribunale di Chieti, si sono perse le tracce mentre, con l’attesa, cresce la tensione alimentata dai messaggi e dalle elucubrazioni pubblicate sul suo sito e sul suo profilo Facebbok.
Ma Patrizia non l’invita a tornare, non se la sente: «Ho paura che gli facciano del male, se gli succedesse qualcosa non me lo perdonerei mai, ho paura che poi non mi voglia più vedere. Lui non è un delinquente, ed è una persona intelligentissima. Qualcosa, un modo per uscire da questa situazione, lo troverà. Ma di sicuro non ha intenzione di fare del male a nessuno, perché mio fratello adora gli esseri umani e anche gli animali. Se è arrivato a questa situazione è perché è esasperato. Ma purtroppo ce ne siamo accorti quando era troppo tardi». È proprio questo che la donna si rimprovera: «Lui mi parlava, ma non l’ho saputo ascoltare. Anzi, mi sento in colpa perché invece io gli ho parlato troppo dei miei problemi. Forse questa cosa è scaturita anche dai miei sfoghi con lui. Mi sento in colpa perché non mi sono accorta che lui stava peggio di me».
Racconta ancora commossa Patrizia: «Siamo quattro figli, nostra madre è morta nel 1977 e siamo cresciuti con nostro padre, sempre aiutandoci. Noi fratelli siamo molto legati, anche se uno è fuori all’estero: non ci sentiamo, ma quando ci si rivede siamo unitissimi».
«Questa cosa di Roberto», prosegue, «non mi fa più dormire, ma arrivati a questo punto non so più che cosa augurarmi. Vorrei solo che non fosse successo, che Roberto non avesse fatto quello che ha fatto. Vorrei tornare indietro a sei giorni fa», dice tra le lacrime, «vorrei riascoltare meglio quello che mi diceva Roberto. Io mi sfogavo sempre con lui, e lui mi incoraggiava, mi diceva dai, che mettiamo a posto la casa, dai, che c’è chi sta peggio di te. Sono io che non l’ho saputo ascoltare».
Ma adesso che indietro non si torna, Patrizia Di Santo ribadisce una volta ancora: «Roberto non è un delinquente, sta solo chiedendo aiuto, non solo per lui ma per tutti coloro che stanno soffrendo. Perché non abbiamo una lira, non abbiamo un lavoro e nessuno che ci tutela. Certo non assecondo mio fratello ma neanche posso dirgli cosa fare, perché ho paura che gli facciano del male. Mi auguro che vada tutto a posto, che ascoltino mio fratello. Sul suo sito dice che non sa se riuscirà vivo, e che vuole parlare, vuole dire le sue ragioni. Ascoltatelo, non è una bestia. A suo modo, sta facendo tutto questo per il bene di chi soffre».
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