Choc e dolore a Sulmona: «Le vette erano la sua vita»

Luca D’Andrea gestiva un’azienda di traslochi con il fratello, da anni iscritto al Cai Il ristoratore Spinetta: «Dovevo esserci anch’io lassù, ma ho dovuto rinunciare»

SULMONA. Lo aspettavano mercoledì sera per festeggiare insieme agli amici l’ennesima impresa sulle rocce del Gran Sasso. Ma in quel locale di Pratola Peligna che gli piaceva tanto, dove amava rilassarsi e bere una buona birra insieme a chi, come lui, amava la montagna e anche i suoi rischi, Luca D’Andrea non ci tornerà più. Nessuno sa cosa è successo in quei momenti maledetti in cui è accaduto l’irreparabile. Forse un piede che cede, o una roccia che si stacca dalla parete e Luca che precipita nel vuoto insieme al suo compagno di tante avventure e di tante cime conquistate.

Una notizia che ha gettato nello sconforto la comunità sulmonese dove Luca era molto conosciuto.

 Appassionato di montagna, fin da bambino, con i genitori e i due fratelli, Lucio e Lelio, aveva frequentato tutti i sentieri e le montagne della zona, fino a diventare un vero e proprio esperto. Abile nelle arrampicate, ha sempre cercato di alzare l’asticella, fino a scalare vette importanti nel gruppo delle Dolomiti, della Marmolada, nel Sella. Aveva preso parte anche a spedizioni internazionali, come quella in Patagonia, dove ha scalato la parete est del San Lorenzo. Conosceva il Gran Sasso come le sue tasche e stava aprendo una nuova via sulla parete nord del Camicia.

Con Roberto Iannilli erano amici e compagni di scalate. Praticamente inseparabili. Davano un nome a ogni via nuova che riuscivano ad aprire. Nomi particolari come “Compagni dai campi e dalle officine” e “Lotta di classe”, la prima nella vetta occidentale del Corno Grande e la seconda nella parete est del Corno Piccolo.

Era iscritto alla sezione Cai di Sulmona da tanti anni e con la sua famiglia gestiva un’azienda di traslochi.

L’ultima volta che è stato visto in città, lunedì pomeriggio, era in compagnia di alcuni amici. «Luca è salito sul Gran Sasso martedì scorso e avrebbe dovuto ridiscendere ieri», afferma l’ex consigliere comunale di Sel, Salvatore Di Cesare, anche lui appassionato di montagna e compagno di tante scalate, «sono distrutto perché per me era più di un amico. Un’assenza che sarà molto difficile da colmare».

«Dovevo esserci anche io con Luca», rivela Maurizio Spinetta, titolare del “Persicano”, il locale dove l’alpinista era atteso mercoledì sera, «ma in questi giorni non potevo lasciare l’attività e ho dovuto dirgli di no. Con lui se ne va una parte di me».

Affranti dal dolore anche Filippo Carassai e gli altri appassionati sulmonesi della montagna, che lo hanno voluto ricordare con toccanti messaggi sui social. «Per ricordare Luca D’Andrea ci piace riportare, come l’ha descritto Roberto in occasione della prima salita di Lotta di classe sulla parete Est del Corno Piccolo-Gran Sasso», scrive Vinicio Stefanello di Planet Mountain, «Luca è uno di quelli che per fargli pigliare una medicina deve essere in fin di vita e qui, appesi a 200 metri dalle ghiaie, la vita è più vita del normale, non ne ha bisogno. Invece io, marito di farmacista e abituato a notti insonni, mi impasticco per bene. Era sempre tormentato dalle sue epiche emicranie Roberto. Ma lui e Luca, su quelle pareti, cercavano quella vita che è più vita. Per lungo tempo l’hanno vissuta come volevano viverla».

L’addio oggi alle 16 nel piazzale del cimitero con un rito civile.

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