D’Alfonso, il giudice è malato la sentenza slitta all’11 febbraio

29 Gennaio 2013

PESCARA. Doveva essere il giorno dell’arringa dell’avvocato Giuliano Milia, difensore dell’ex sindaco Luciano D’Alfonso, e invece alle 9.35 l’udienza del processo per presunte tangenti in Comune è...

PESCARA. Doveva essere il giorno dell’arringa dell’avvocato Giuliano Milia, difensore dell’ex sindaco Luciano D’Alfonso, e invece alle 9.35 l’udienza del processo per presunte tangenti in Comune è stata rinviata perché il giudice del collegio Paolo Di Geronimo si è ammalato. Pochi minuti e l’udienza è saltata facendo slittare anche la sentenza per i 24 imputati fissata all’11 febbraio e non più al 4, giorno in cui parlerà invece la difesa dell’ex sindaco di centrosinistra. Mancano, quindi, ancora due settimane alla conclusione del processo che nel dicembre 2008 portò all’arresto ai domiciliari di D’Alfonso coinvolgendo anche il dirigente Guido Dezio e tanti imprenditori tra cui spiccano i nomi di Carlo e Alfonso Toto. Per i 24, che saranno giudicati dal collegio presieduto da Antonella Di Carlo, Di Geronimo e Nicola Colantonio, le accuse a vario titolo sono quelle di associazione per delinquere, concussione, corruzione, turbata libertà degli incanti, truffa e peculato. Nel mese di gennaio, a prendere la parola, sono stati gli avvocati degli imputati che hanno concluso chiedendo l’assoluzione per i loro assistiti. Due mesi fa, invece, era stato il turno del pm Gennaro Varone fare le sue richieste: sei anni di reclusione, confisca della casa di Lettomanoppello e interdizione perpetua dai pubblici uffici per l’ex sindaco di Pescara, sei anni di reclusione e interdizione perpetua per il dirigente Dezio e due anni e sei mesi per Carlo e Alfonso Toto. Occorrerà aspettare un altro lunedì, quello del 4 febbraio, per ascoltare l’arringa di Milia che cercherà di allontanare, in particolare, le accuse di corruzione e di associazione per delinquere che pendono su D’Alfonso. Per il pm l’ex sindaco sarebbe stato «il capo e il promotore dell’associazione per delinquere», di quella che la procura chiamò «una squadra d’azione». Secondo l’accusa D’Alfonso avrebbe attribuito «alla propria squadra funzioni pubbliche in ruoli nevralgici dell’attività amministrativa del Comune» e quella «squadra», prosegue Varone, avrebbe «agito distraendo denaro pubblico dai fondi comunali al fine di utilizzarlo per finanziare l’attività del partito La Margherita e fuori bilancio». Un’accusa di corruzione riguarda invece l’appalto dell’area di risulta, quello che per la procura sarebbe stato fatto ad hoc per i Toto che, in cambio, avrebbero messo a disposizione all’ex sindaco voli e viaggi gratis. (p. au.)

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