PESCARA. «Ogni giorno i bisognosi bussavano alla nostra porta per chiedere di tutto: provviste, vestiti scarpe. E il giorno dopo, come un segno di Dio, arrivava un benefattore a portare esattamente quello di cui avevamo bisogno. Mi sono chiesto tante volte come fosse possibile tutto ciò e, probabilmente, è stato allora che ho capito cosa vuol dire la divina provvidenza».

Così Antonello Stare, uno degli allievi storici di don Guido Sareli e oggi dipendente dell’istituto di riabilitazione che sorge in via Aterno, racconta la sua esperienza al fianco del fondatore del Don Orione, nella Pescara degli anni Settanta.

Un racconto a mezza bocca, mentre davanti ai suoi occhi il feretro di don Guido viene coperto da centinaia di mani di giovani, adulti, mamme e disabili accorsi in chiesa per l’ultimo saluto al paladino dei diritti degli ultimi.

«Se chiudo gli occhi» dice Antonello Stare, «vedo una linea che sembra segnare la fine di un sogno. Ricordo la messa che abbiamo celebrato per festeggiare i 90 anni di don Guido assieme a tutta la comunità. Non posso dimenticare le esortazioni, le ammonizioni e i rimproveri quando mi capitavano dei momenti di smarrimento, come tante volte avviene. Per me e per tutti noi è stato un padre e un fratello maggiore, una sorgente quando si vive nel fango e una ricca dote da tramandare fino ai nostri giorni».

«Non ci siamo mai considerati ex allievi», aggiunge a fatica, mentre le parole vengono coperte dai singhiozzi, «perché avevamo sempre qualcosa da imparare. Ci ha insegnato ad essere parte di un sistema educativo basato sulla libera educazione e sul senso della famiglia. E io voglio ringraziare don Guido oggi per un dono prezioso: per il senso di appartenenza alla grande famiglia del Don Orione, perché ci ha insegnato ad amare il prossimo e a fare del bene sempre. Un bene non urlato, ma bisbigliato».

(y.g.)

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