Del Turco, tre anni fa l'arresto

14 Luglio 2011

Il 14 luglio del 2008 anni fa l’arresto del presidente Un’inchiesta che ha sconvolto la sanità e la regione

PESCARA. «Accomodatevi, la casa è grande»: sono le 6 del 14 luglio 2008 quando 4 finanzieri bussano alla porta della casa in via Vico Quarto a Collelongo dove abita il presidente della Regione Ottaviano Del Turco. L'ex ministro li accoglie e legge con calma le pagine dell'ordinanza di arresto.

Pochi istanti e l'arresto di Del Turco, ex ministro delle Finanze, storico sindacalista, eletto nel 2005 alla guida della Regione, sgomenta il paesino marsicano ed esce in un lampo dai confini abruzzesi: «E' una tragedia per tutto l'Abruzzo», bisbiglia sconvolto il vicepresidente del consiglio regionale di allora, Nicola Pisegna Orlando, che si era precipitato a casa di "Ottaviano" che gli rispose: «Mi dispiace non posso riceverti».

L'ALBA DI 3 ANNI FA
E' lunedì di tre anni fa quando Del Turco entra nel supercarcere di Sulmona in quel data diventata miliare per la regione: «La presa della bastiglia abruzzese», «il terremoto abruzzese», «la bufera della sanità», si disse. Cala il sipario su una classe politica con assessori e consiglieri del Pd che finiscono in carcere e agli arresti domicilirari. Ma l'inchiesta del pool guidato dal procuratore capo Nicola Trifuoggi e dai pm Giuseppe Bellelli e Giampiero Di Florio intacca anche la politica dei primi anni del Duemila: l'ex governatore Giovanni Pace, oggi assolto, viene accusato di aver preso una tangente da 100 mila euro. Luigi Conga, ex manager della Asl di Chieti, viene fermato a Francavilla, a bordo della Porsche Cayenne con una valigetta che conteneva 113.400 mila euro. Conga che sviene, che piange a dirotto durante l'interrogatorio e che non riesce a spiegare agli inquirenti quelle presunte tangenti ma racconta di essere malato. C'è anche questo, oggi, nella maxi aula dove si celebra il processo Del Turco: le facce stravolte, la durezza, la tensione, l'attesa per la sentenza.

Ieri come oggi le accuse sono pesantissime e vanno dall'associazione a delinquere, alla corruzione alla concussione: fiumi di soldi in cambio di un regime di favori per le strutture sanitarie; cifre snocciolate dall'imprenditore della sanità Vincenzo Maria Angelini, il Grande accusatore scampato all'arresto per la piena collaborazione.

«15 MILIONI DI TANGENTI»
«Mi hanno dissanguato, ho pagato 15 milioni di tangenti», raccontò Angelini nei sette interrogatori fiume iniziati nell'aprile di quell'anno: presunte tangenti per Del Turco, al suo braccio destro Lamberto Quarta e all'ex capogruppo del Pd Camillo Cesarone per 5,5 milioni di euro. Il boccone più grosso di oltre 6 milioni, dice l'accusa, finì a Conga. Denaro in cambio di denaro: con una mano Angelini dava e con l'altra riceveva. Soldi pubblici non dovuti: almeno 33 milioni di euro, il valore della presunta truffa consumata ai danni della Regione.

La sanità abruzzese che va a picco mentre nel dicembre 2008 si torna alle urne e gli elettori scelgono come presidente della Regione Gianni Chiodi, candidato del centrodestra. Intanto, nell'agosto 2008, il presidente Del Turco lascia il supercarcere di Sulmona e torna a casa tra gli applausi. Ad aspettarlo, c'è ancora Pisegna Orlando: «Bentornato presidente» e Del Turco fa: «Adesso sto meglio».

3 ANNI DOPO: MAXI AULA
Mentre l'Abruzzo cerca di voltare pagina e raddrizzare i conti della sanità, il processo più importante arriva al giro di boa: il 10 novembre 2010 il giudice per l'udienza preliminare Angelo Zaccagnini, dopo un'estenuante attesa di otto ore, rinvia a giudizio l'ex presidente e altre 26 persone. Il 15 aprile, Del Turco e altri imputati entrano nell'aula 1 presieduta dal giudice Carmelo De Santis.

E' la maxi aula nata ad hoc per accogliere uno stuolo di avvocati e di imputati, quasi cento ad affollare le costanti udienze. Al centro siede il pool dei pm, a destra stanno Del Turco e i suoi avvocati Gian Domenico Ciazza e Giuliano Milia, mentre in un altro banco sta seduto l'accusatore Angelini: alle 9.30 si parte, entrano i primi testimoni chiamati dall'accusa e, il 20 luglio, si tornerà in aula per l'ultima udienza fiume prima delle vacanze.

PROCESSO-L'ACCUSA
La procura sta calando gli assi: al banco dei testimoni, in una lista di nomi altisonanti tra cui Romano Prodi e Ignazio Marino, sono arrivati l'autista di Angelini e le segretarie dell'imprenditore della sanità. Nomi che hanno avuto un rapporto diretto con l'imprenditore e che, dice l'accusa, stanno confermando quelle presunte tangenti. L'autista è l'autore delle foto a quella presunta mazzetta da 200 mila euro che Angelini avrebbe portato a Del Turco nella sua casa a Collelongo. Le segretarie, invece, sono due donne che dietro l'ordine di Angelini avrebbero preso fiumi di soldi dalla cassaforte di Villa Pini e li avrebbero messi nelle buste, in pacchetti. E se nella cassa non c'erano i soldi, hanno detto in aula, qualcuno li andava a prelevare in banca.

Le testimonianze, gli accertamenti bancari, le ricevute del telepass per andare a Collellongo e, a monte, le indagini scrupolose seguite alle confessioni di Angelini. La procura non cede, ribadisce: «Siamo in una botte di ferro».

PROCESSO-LA DIFESA
«In questa fase, con questi testimoni l'accusa ha un solo obiettivo: dare un segnale della colpevolezza di Del Turco», commenta Caiazza, l'avvocato dell'ex presidente. «E' un fatto singolare perché, solitamente, si chiama a testimoniare per primi chi ha fatto le indagini: per me, la scelta della procura, è un segno di clamorosa debolezza». La difesa non arretra nel braccio di ferro e Caiazza continua: «L'assurdità dell'accusa è che non si sono mai visti 6 milioni di euro che non lasciano l'ombra di una traccia, neanche di una vacanza in un albergo. La seconda assurdità è che tutto è nato dalle parole di Angelini, un signore che ha 100 mila motivi di risentimento». Quando si tornerà in aula, a settembre, sarà ancora il turno dei testimoni chiamati dall'accusa. Ma l'avvocato Caiazza aspetta e conclude: «Arriverà il nostro tempo, non vedo l'ora di tirare fuori le prove».

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