Di Santo, il pm vuole il reato di strage

Ricorso della procura contro la decisione del gip: l’ordigno di Cepagatti poteva esplodere
PESCARA. Il pm Silvia Santoro torna a chiedere il reato di strage per Roberto Di Santo, il bombarolo arrestato il 18 gennaio, e presenta ricorso contro la decisione del giudice per le indagini preliminari Luca De Ninis. Perché il ricorso in Cassazione?
Il giudice per le indagini preliminari De Ninis, il 22 gennaio scorso, ha disposto la misura cautelare in carcere per Di Santo evidenziando per il 58enne originario di Roccamontepiano «una personalità parossistica e dominata dalla ricerca istrionica di lanciare un segnale eclatante nei confronti delle istituzioni» in particolare per l’incendio del 10 gennaio davanti al tribunale di Chieti.
Il gip, però, non ha convalidato il fermo per il primo episodio, quello dell’ordigno piazzato al piano terra della trifamiliare a Villanova di Cepagatti la notte dell’8 gennaio.
Un reato, quello di strage, smussato dal giudice per le indagini preliminari e ricondotto «a danneggiamento con pericolo di incendio» che non consente l’adozione né del fermo né della misura cautelare. Una visione difforme da quella del pm Santoro secondo cui, in base alla consulenza del Gruppo interventi speciale (Gis), il corpo speciale dell’arma dei carabinieri che svolge anche compiti di antiterrorismo, quell’ordigno piazzato nella villetta di Cepagatti sarebbe potuto esplodere. Così, il pm ha presentato ricorso chiedendo di riconoscere il reato di strage. (p. au.)
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