DISSOLVENZE

12 Maggio 2013

Racconto in gara per la quinta edizione del concorso letterario “Montesilvano scrive”. Clicca sui tasti di condivisione per votarlo

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- Perché ridi? A che pensi?

- Alla vita, piccolo bocciuolo. È un percorso lungo, a mio avviso lunghissimo. Si dovrebbe andare in letargo almeno per qualche tempo, come si può viverla tutta intera da svegli? - domanda retorico, guardando fuori dalla finestra. - A me però diverte, a te invece sembra di no- si volta e mi punta il dito contro, come fanno i bambini.

- È che devo dirti una cosa importante e per un attimo vorrei che mi ascoltassi davvero- gli dico cercando di prendergli la mano, ma lui la scosta.

- Bambina, i cali di attenzione servono per aumentare la concentrazione- ritorna a guardare dalla finestra, con le guance scarne e i capelli che gli sono diventati bianchi come le pareti di questo ospedale. - Se mi assicuri che tra 29 parole esatte arrivi al dunque, io starò lì a non ascoltarti per il tempo di 29 parole che, facendo una media di 7 per frase, equivarrebbe a circa… fammi pensare… una frase viene pronunciata in 2 secondi e mezzo, quindi 29 diviso 7 fa...

- Papà, ho deciso di andar via- dico tutto d'un fiato.

- 4 frasi, per 2 secondi e mezzo, fa 10. Conterò 10 secondi di disattenzione e poi sarò tutto orecchie.

Finalmente si gira e mi guarda.

- Bocciuolo, ma che succede? I tuoi petali sembrano bagnati da gocce di rugiada. Come hanno fatto a formarsi così in fretta? Neanche il tempo di contare ho avuto.

- Papà, ti prego, smettila! Queste si chiamano lacrime, toccale, sono lacrime vere. Io non sono un fiore, sono fatta di carne ed ossa, proprio come te.

- Ma io non sono proprio umano umano, eh.

- Ascolta, papà, l'unica cosa che vorrei è poter ritrovare il calore che sapevi darmi.

Gli prendo le mani e le stringo forte nelle mie.

- Sono gelide- gli dico.

- Questo perché ieri sera sono venuti qui e con una siringa lunghissima, calcola che so la distanza tra Roma e Milano… Beh non perdiamoci… mi hanno prosciugato tutto il sangue che circolava nel corpo. Sono ancora un essere umano quindi, ma con le vene svuotate. Non devi preoccuparti però, non sarò caldo e morbido come te, ma sto bene.

- Non mi preoccupo, ma tu tremi.

- Ho un po' freddo- dice battendo i denti. Passami quella coperta.

- Ecco papà, fammi spazio. Ricordi quando di notte avevo paura del buio?

- Certo che si.

- E le passeggiate la domenica al parco?

- Gli uccellini cinguettavano e sembrava intonassero una canzone tutta per lei. Tirititirità- canticchia facendo volteggiare la mano.

- Cinguettavano per la sua bellezza che stava appassendo troppo presto, come quegli alberi dalle foglie gialle che stanchi non erano riusciti ad aspettare nemmeno l'arrivo dell'autunno. Ma lei era felice, con gli occhi pieni di sole. Raccoglievate i fiori più colorati e io non vi perdevo mai di vista. Ero quasi geloso che quello spettacolo potesse essere visto da altri. Lasciatele, non le guardate, sono mie.

D'improvviso si solleva, di scatto. Mi fa segno di stare in silenzio.

- Li senti?- sussurra.

Faccio di no con la testa.

- Stanno arrivando, devi andare via. Scappa. Più veloce che puoi. Lei non c'è più e l'uomo che ero è scomparso con il suo profumo. Corri. Dimentica. Tieni solo i bei ricordi. Solo lontano da me, da tutto questo, potrai farti spazio nel letto di qualcuno che ti proteggerà dal buio.

Va' via, bocciuolo mio. E tieni alla larga la rugiada. E non appassire. Mai.

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