Dopo la mamma, il fratello: bruciata un’altra auto della famiglia di Mimmo Rigante, l’ultrà ucciso

foto di Luca Terzini
Il rogo è divampato intorno alle 2.30 della notte tra giovedì e venerdì. Fra le ipotesi, il dispetto oppure una ritorsione
PESCARA. Un dispetto o un ritorsione, ancora una volta. A distanza di un mese viene ancora presa di mira la macchina della famiglia Rigante. Dopo la madre, la cui auto era stata completamente distrutta lo scorso maggio, questa volta qualcuno ha deciso di colpire la macchina in uso da Francesco Rigante, il fratello minore di Domenico, l’ultrà biancazzurro ucciso il 1° maggio del 2012 da Massimo Ciarelli, da oltre un mese in regime di semilibertà dopo 13 anni di carcere. E se il primo incendio, la cui natura era dolosa, si è consumato a pochissimi giorni dalla scarcerazione di Ciarelli, 42 anni, a distanza di un mese qualcuno torna ancora a spaventare la famiglia.
Un segnale, forse, un avvertimento o un conto lasciato in sospeso. Il rogo è divampato intorno alle 2.30 della notte tra giovedì e venerdì. L’auto, una Clio grigia, era parcheggiata proprio davanti casa. Un mese fa, nello stesso punto c’era l’auto in uso dalla mamma di Domenico. Le fiamme e il forte odore di fumo hanno subito fatto scattare l’allarme. A intervenire i vigili del fuoco del comando provinciale di viale Pindaro. Il tempestivo intervento ha evitato che l’intera carrozzeria andasse distrutta. Le fiamme hanno interessato solo la parte anteriore dell’auto.
Sono poi arrivati anche gli agenti della squadra volante diretti dal dirigente Pierpaolo Varrasso che hanno eseguito i rilievi e raccolto le testimonianze. Le indagini da ieri sono passate nelle mani della Mobile, dirette dal dirigente Gianluca Di Frischia. La polizia sta ancora eseguendo gli accertamenti sull’incendio doloso di maggio, ma quest’ultimo rogo complica senza dubbio lo scenario che ruota attorno al gesto intenzionale.
Tra le piste c’è anche quella riconducibile a Massimo Ciarelli. Tredici anni dopo l’omicidio di Domenico Rigante, l’assassino dell’ultrà biancazzurro ha ottenuto la semilibertà ed è tornato a casa. Il 42enne ha da poco iniziato la sua seconda vita: di giorno va a fare volontariato in un’associazione dell’hinterland, il pomeriggio va a casa dalla famiglia e la sera torna a dormire in carcere al San Donato. Assistito dall’avvocato Laura Filippucci, Ciarelli ha chiesto di poter avviare un percorso di mediazione con la famiglia Rigante. Una famiglia che, però, sembra continui a dover subire debiti in sospeso.
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