L’avvocato Lorella Cipollone

PESCARA / RISARCITA UNA DONNA 

Errore sulla pensione: patronato condannato 

La domanda all’Inps era stata inviata a un indirizzo di posta elettronica sbagliato

PESCARA. Per ottenere il diritto ad avere la sua pensione (di 628 euro al mese), una lavoratrice ha dovuto far ricorso prima a un legale, l'avvocatessa Lorella Cipollone, e poi a un giudice, nonostante che per il disbrigo di quella pratica si fosse affidata a un patronato che solitamente è fra i più esperti in questa materia.
Ma proprio il patronato avrebbe commesso quell'errore di trasmissione della domanda all'Inps, inviata a un indirizzo di posta elettronica sbagliato, che stava facendo perdere un anno di pensione alla malcapitata, ed è stato lo stesso patronato a soccombere davanti al giudice e a pagare il dovuto. La signora si era rivolta al patronato per inoltrare all'Inps la sua istanza relativa alla "settima clausola di salvaguardia" che consentiva ai lavoratori "esodati" di conseguire il beneficio di legge per andare in anticipo in pensione.
«All'evidenza», scrive il giudice Anastasio Morelli, «manca la prova che il mandato conferito al patronato è stato assolto con la dovuta diligenza, e tale prova non è stata fornita da parte convenuta. Non è stata al riguardo fornita la prova che veniva usato un indirizzo corretto, mentre in atti risulta documentale la circostanza che l'Inps non ha ricevuto alcuna comunicazione nell'interesse della lavoratrice».
Il patronato aveva anche tentato di scaricare parte delle responsabilità sulla utente che non si sarebbe attivata, se non a distanza di mesi, per verificare l'esito della propria istanza. Una tesi bocciata dal giudice.
«Il patronato», scrive il giudice, «in ragione del suo servizio prestato, e ampiamente notorio alla collettività, è tenuto a operare con diligenza professionale nel proprio ambito: nell'adempimento delle obbligazioni inerenti l'esercizio di un'attività professionale, difatti, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata. La stessa diligenza deve, dunque, essere utilizzata nell'adempimento del mandato rimesso dalla parte attrice nella cura dei propri interessi di lavoratrice». Il danno deve dunque essere riconosciuto in favore della ricorrente «nella misura mensile indicata dal rateo di pensione poi ottenuta, e il ritardo di un anno deve essere imputato alla sola colpa della parte convenuta», appunto il patronato.
Solo dopo il passaggio fatto dal proprio legale, l'avvocatessa Cipollone, la ricorrente riuscì a far scattare l'iter pensionistico che però aveva una decorrenza diversa: mancavano quei quasi 12 mesi per un totale di 7.500 euro, che adesso il patronato dovrà risarcire alla ricorrente, oltre agli interessi e alle spese di lite.
©RIPRODUZIONE RISERVATA