Farmaco salvavita negato a Chieti ad una donna malata di cancro

L’Asl di Chieti: «Stop medicine ai non residenti». Una pescarese dopo le analisi e prima della chemio ritira il farmaco al paese e va nell'ospedale teatino con la borsa frigo

PESCARA. Quando la sanità pubblica guarda solo ai bilanci (sempre più malmessi) e perde di vista la mission su cui è fondata, ovvero la cura del cittadino, accade anche che una donna malata di cancro per sottoporsi a chemioterapia debba andare su e giù per chilometri lungo le scassate strade dell’Abruzzo solo per procurarsi il farmaco salvavita che le deve essere iniettato.

Sotto il maglio della sanità sempre più inumana e burocratizzata c’è Giovanna (nome di fantasia a tutela della privacy) casalinga di Abbateggio che per il suo tumore ha scelto di curarsi all’ospedale clinicizzato Santa Maria Annunziata di Chieti, più vicino al suo paese di quello di Pescara. Ogni mese deve sottoporsi alla terapia, ma prima deve eseguire una serie di analisi per capire se il livello di piastrine, globuli bianchi e quant’altro sia “sufficiente” perché il farmaco necessario le possa essere iniettato senza problemi.

Dallo scorso aprile però c’è una nuova circolare della direzione aziendale che prevede che i pazienti non residenti nel territorio della Asl di Chieti-Lanciano-Vasto debbano procurarsi la medicina prescritta esclusivamente nella farmacia dell’ospedale della loro provincia. Dunque, Giovanna deve arrivare di buon mattino al day hospital, sottoporsi al prelievo del sangue, attendere l’esito dell’esame e, se il controllo è positivo, prendere l’impegnativa del medico con la prescrizione del medicinale, andare fino alla farmacia dell’ospedale civile di Pescara munita di borsa frigo per la corretta conservazione dello stesso, prenderlo e tornare al reparto di Chieti perché le venga inoculato.

Di questo va e vieni, date le condizioni fisiche della signora, si occupa il marito, impiegato in una ditta privata di Bussi, che data la situazione gode dei permessi sul lavoro assicurati dalla legge 104. Non per i tanti malati è così, molti sono soli, anziani, con parenti e familiari impegnati in lavori precari e senza garanzie. Inoltre ce ne sono che si muovono per andare a Chieti anche dall’Aquila, Teramo, Avezzano...

Dalla direzione aziendale si apprende che questa divisione territoriale per la distribuzione dei farmaci tra residenti e non residenti è una necessità per il contenimento della spesa farmaceutica: unica possibilità per evitare la bancarotta in buona sostanza. Ovvero, non ci sono soldi, ci sono farmaci – oncologici e non solo – che hanno costi altissimi, e dunque se, come avveniva, vengono forniti anche a chi viene da altra Asl, non ne rimarrebbero per gli iscritti a Chieti. Con il meccanismo della compensazione – rimborso dalla Asl di provenienza del paziente – le spese verranno recuperate, ma occorrono di media tre anni e nel frattempo si rischia «il fallimento». Differenziazioni tra chi ha prescrizioni per una distorsione e chi lotta contro un cancro non ne sono state fatte.

Si è proceduto col taglio indifferenziato orizzontale: questa per la Asl chietina (e non solo) è l’unica possibilità per tenere i conti in ordine e garantire le cure ai propri iscritti. «Inumano», osserva sbigottito il marito di Giovanna. E un colpo anche all’impegno di medici e infermieri per creare servizi di eccellenza che siano attrattivi per pazienti da ogni dove: un bene per chi ha bisogno di cure e anche per le casse della Asl.

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