Femminicidio di Lettomanoppello, il sindaco: «Perché quell’uomo andava in giro con una pistola?»

21 Ottobre 2025

A dieci giorni dagli spari in piazza, D’Alfonso ribadisce la vicinanza alla famiglia di Cleria Mancini. E promette: «Continueremo a collaborare affinché la verità emerga»

LETTOMANOPPELLO. «È necessario fare chiarezza, capire perché quell'uomo se ne andasse in giro con una pistola». Peraltro, una pistola «risultata rubata: ma a chi? E perché non gli è mai stata tolta?», malgrado tutti sapessero, malgrado gli appelli del figlio Camillo, come egli stesso ha ribadito davanti a taccuini e telecamere? «Gli inquirenti accertino le responsabilità, che chi dovrà assumersi si assumerà, e ristabiliscano la verità». Il sindaco di Lettomanoppello, Simone Romano D’Alfonso, chiede «verità e giustizia» dopo l’assassinio di Cleria Mancini, uccisa a 65 anni dall’ex marito Antonio Mancini che il 9 ottobre scorso le ha scaricato addosso un colpo di pistola dritto al cuore, nella pubblica piazza di Lettomanoppello, prima di essere preso dopo una fuga rocambolesca su una carrozzella per disabili.

Dopo giorni di silenzio, preghiere e riflessioni, il sindaco D'Alfonso posta il suo pensiero per ribadire «la vicinanza dell’intera amministrazione comunale alla famiglia della signora Cleria Mancini, vittima di una tragedia che ha scosso fortemente la nostra comunità». Famiglia che l'amministrazione non solo non ha lasciato sola, ma ha avuto «supporto e assistenza» in tutte le sue forme. «La nostra comunità è fortemente scossa», sottolinea il sindaco, «mai avremmo immaginato quanto accaduto, mai avremmo pensato che si arrivasse ad un tale grado di ferocia». D’Alfonso difende e protegge la sua gente: «La nostra è una comunità sana, onesta, laboriosa e sensibile», nessuna «identificazione» con i geni del male.

E invita i cittadini lettesi a «mantenere sempre un comportamento dignitoso e solidale, mostriamo ancora una volta chi siamo: una comunità compatta, rispettosa e umana». Fanno male le immagini di un femminicidio commesso nella pubblica piazza, col rischio che un gesto di follia potesse fare una strage coinvolgendo altri innocenti: «È inaccettabile usare la tragedia per fare spettacolo, per diffondere calunnie, per compiere quello che comunemente si chiama sciacallaggio sociale. Nessuno, in nome della curiosità o della polemica, si arroghi il diritto di offendere la memoria di Cleria, di ferire la sua famiglia o di denigrare la nostra comunità con frasi superficiali e false semplificazioni», avverte il sindaco che ora chiede agli inquirenti di «trovare l'anello mancante» e trovare le falle di questa storia di straordinaria follia.

Mancini, l'Ayatollah come si definiva, prima di finire a San Donato postava sui social le sue immagini con i coltelli tra i denti o con le mani imprigionate dalle manette, inneggiando a disegni criminosi sfociati in un delitto agghiacciante. «Sono sconvolto», ripete il sindaco, «abbiamo attivato tutti i sostegni psicologici per aiutare il piccolo» che ha visto la nonna morire sotto i suoi occhi. «Questo è il dovere di una comunità che sa prendersi cura dei propri cittadini nei momenti più difficili», conclude il sindaco, che aggiunge: «Ribadiamo che gli accertamenti e le responsabilità saranno valutati dagli organi competenti: alla magistratura e alle forze dell’ordine spetta il compito di ricostruire i fatti e stabilire verità e responsabilità. Noi, come istituzione civica, continueremo a collaborare pienamente con le autorità per garantire che la verità emerga e che sia fatta giustizia nei modi e nei tempi della legge».

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