Furti in casa, truffe e rapine nel Pescarese: incastrata la banda. Il pm: «Il carcere è l’unica soluzione»

Raffica di colpi in tutta la provincia, l’inchiesta. Chiesta la custodia per Ezio D’Alfonso, Nicolas Gualà e Sasha Florindi e i domiciliari per la moglie. Tra gli episodi contestati, un’aggressione in casa di notte a Picciano e una disabile raggirata
PESCARA. La procura chiede l'arresto in carcere per tre indagati, e i domiciliari per una quarta persona che, secondo il pm Gennaro Varone, sarebbero responsabili di una serie di furti, truffe a distanza e rapine nel circondario di Pescara dall’aprile scorso. A rischiare la misura cautelare in carcere dopo l’interrogatorio preventivo di ieri, sono Shasa Florindi, Ezio D’Alfonso e Nicolas Gualà (questi ultimi due difesi da Luca Pellegrini).
L’AGGRESSIONE DI PICCIANO Tutto parte da un gravissimo episodio di cui si interessarono i carabinieri di Montesilvano, avvenuto il 2 aprile intorno alle 23 in casa di un malcapitato a Picciano. La vittima, svegliata da due uomini travisati, viene percossa dai malviventi per costringerlo a consegnare loro 700 euro. Dalle telecamere del posto si risale a un furgoncino usato da Florindi, la cui presenza sul luogo viene confermata anche dall’analisi del traffico telefonico. L'ambientale che i militari installano nel mezzo, permette di registrare una «intensa attività criminale» e di scoprire una vera e propria associazione a delinquere familiare contestata ai quattro, compresa Vanessa D’Alfonso, moglie di Florindi (entrambi assistiti dall’avvocato Alessandro Arienzo), per la quale la procura chiede i domiciliari. «Il quadro indiziario», scrive il pm, «indica la sussistenza di accordi strutturali per la sistematica commissione di reati anche con violenza sulle persone, accordi che coinvolgono gli indagati legati tra loro da vincolo di parentela; ognuno di loro pone a disposizione, giornalmente, la propria opera alla società illecita».
LA VITTIMA SEGUITA ALLE POSTE Il 18 aprile il sistema di intercettazioni rivela che Florindi è alle Poste di Montesilvano con la moglie, quando vede la vittima prelevare allo sportello 600 euro. I due decidono di seguire l’uomo e Florindi propone alla moglie due opzioni: rompere il finestrino dell’auto della vittima e portargli via il denaro, oppure seguirlo fino a una zona isolata e affrontarlo appena scende dall’auto. Ma la coppia non sa che l’abitazione della vittima dove si infila la vittima di turno è protetta da un recinto e dalla presenza di un cane. E così il colpo svanisce.
LA DISABILE RAGGIRATA C’è poi un altro episodio sicuramente più grave e preoccupante perché ai danni di una disabile. «Istigato dalla moglie», si legge nella richiesta del pm Varone, «Florindi chiama questa signora “Camilla” (non ancora identificata) e con pressioni, imbonimenti e velate minacce (di perdere il proprio denaro), la induce, facendole credere di potersi assegnare da sé un trasferimento di denaro, a versarlo invece a Florindi che da remoto ne guida l’azione. La donna è in stato di agitazione, è confusa, piange, non è in grado di opporsi alla pressione psicologica esercitata dall’indagato, incalzante con ordini i quali ora ingannano, ora pretendono, sino a gettarla in uno stato di prostrazione, in conseguenza del quale, la vittima compie atti patrimoniali ad illecito beneficio dello scaltro interlocutore».
GLI ALTRI FURTI E poi ci sono altri episodi come il furto in auto denunciato da un uomo a Montesilvano (le intercettazioni confermeranno che gli autori sarebbero Florindi e consorte); altro furto in auto con il ladro che poi utilizza la carta bancomat della vittima (autore Gualà, ripreso dalle telecamere del bancomat); il furto di una borsa momentaneamente poggiata dalla vittima su una panchina del cimitero di Rosciano. La vittima individua tre persone che fuggono su un furgone bianco: «Il furgone in discorso», dice il pm, «è il Qubo nel quale è posizionato il servizio di intercettazione ambientale, talché è stato possibile ricostruire compiutamente tutte le fasi dell’atto illecito e recuperare, all’esito della mirata perquisizione, dapprima la collanina d’oro asportata, trovata addosso a Ezio D’Alfonso; quindi il ciondolo, del quale il Gualà si era disfatto, gettandolo in un cestino di rifiuti proprio all’interno della caserma dei carabinieri presso la quale il terzetto era stato condotto».
LE RICHIESTE DEL PM La richiesta del pm è dettata dalla necessità di «interrompere le scorribande denunciate, di persone che giornalmente mettono a segno furti e si sono dimostrate in grado di compiere atti contrari al patrimonio anche con violenza alla persona», per cui la custodia in carcere per la procura è l’unica soluzione. Carcere per tre e domiciliari per la moglie di Florindi. E ieri i tre a rischio carcere hanno confessato davanti al gip Francesco Marino (solo Ezio D’Alfonso ha negato l’episodio di Lettomanopello): ora si attende la decisione del giudice.