Hotel Rigopiano, sotto esame i permessi edilizi rilasciati nel 1967

Sequestrata un’altra mail-appello dell’hotel. Nel mirino anche le licenze e i lavori di ristrutturazione e ampliamento autorizzati nel 2007

PESCARA. La valanga che mercoledì scorso poco prima delle 17 si è abbattuta sull’Hotel Rigopiano di Farindola «apre tanti tavoli di responsabilità». Il procuratore di Pescara Cristina Tedeschini indica i tre capisaldi dell’inchiesta aperta per omicidio plurimo colposo e disastro colposo: la costruzione dell’albergo al posto di un vecchio rifugio di montagna alla fine degli anni Sessanta; l’allerta valanghe, un crescendo dal lunedì fino al mercoledì della tragedia, che a Farindola non è mai arrivato; la strada per Rigopiano bloccata da oltre due metri di neve, una trappola per i clienti costretti a restare nell’hotel e un muro da distruggere per i soccorritori. Un’indagine chiamata a fare luce su quelli che la Tedeschini definisce «inefficienze», «interferenze», «incongruenze», «disfunzioni» e «ritardi». Non ci sono ancora indagati e proseguono le acquisizioni di atti e gli interrogatori dei testimoni. Ieri, seguendo la lista dei destinatari, carabinieri e forestali hanno sequestrato anche in Regione la mail-appello partita dall’Hotel Rigopiano mercoledì prima della tragedia.

Permessi del 1967. L’inchiesta, affidata ai carabinieri del Nucleo investigativo e ai carabinieri forestali di Pescara, va all’indietro nel tempo fino al 1967, l’anno dei lavori per costruire una pensione a due stelle a circa 1.200 metri di quota. Gli inquirenti vogliono esaminare i permessi, le autorizzazioni e le relazioni tecniche di 50 anni fa per rispondere a una domanda: ma è possibile costruire un hotel da 45 camere al di sotto di una montagna? «Su questo ci sarà una risposta della procura», dice la Tedeschini. Sotto esame anche i lavori di ristrutturazione dell’albergo eseguiti nel 2007 con la realizzazione del centro benessere e di altri due edifici. «Tutta la procedura concessoria dell’hotel, cristallizzata negli atti custoditi nel Comune di Farindola, è parte della nostra inchiesta», dice la Tedeschini che indaga insieme al pm Andrea Papalia. «Le impressioni non contano», avverte il procuratore: parleranno gli atti e, tra questi, un’importanza centrale l’avranno le perizie dei geologi.

Valanga ignorata. Da paradiso a posto devastato dalla valanga: «Abbiamo fatto un sopralluogo a Rigopiano per stabilire un contatto visivo. Ci siamo resi conto di un fronte immenso, con gli alberi rasi al suolo e l’albergo sepolto», così la Tedeschini descrive la zona del resort. «A me personalmente risulta che il rischio valanga fosse elevato già da 3 o 4 giorni prima del disastro, sulla base di quanto comunicato da Meteomont». E il procuratore, sulla base delle prime acquisizioni di documenti, conferma che Meteomont «ha regolarmente funzionato» e ha comunicato in tempo l’allarme slavine che, proprio nel giorno della tragedia, ha toccato il picco di 4 su un massimo di 5: «Pericolo marcato», significa. Quindi, se Meteomont ha fatto tutto secondo le regole informando la prefettura di Pescara ma la catena dell’informazione si è fermata in anticipo, allora, le responsabilità sono da cercare altrove.

Strada bloccata e neve. Il terzo fronte riguarda la strada per Rigopiano bloccata: una strada pulita l’ultima volta alle 13,20 di martedì secondo quanto riferito dal sindaco Ilario Lacchetta. Poi, la neve caduta forte durante la notte ha isolato l’albergo: 8 chilometri impraticabili tra località Mirri e Rigopiano. Secondo il sindaco, per liberare la strada, sarebbe stata necessaria una turbina ma quella dedicata a Rigopiano è rotta dal 6 gennaio scorso e non è stata sostituita. Un’altra turbina, dell’Anas, ha lavorato di mattina a Penne, lungo la Ss 81, e poi è rimasta ferma in attesa di indicazioni mai arrivate. «La turbina? È uno dei temi di approfondimento su cui stiamo lavorando».

Telefonate e chat. A legare insieme le parti dell’indagine ci sono le comunicazioni via mail dell’hotel per lanciare l’allarme e le telefonate e i messaggini di clienti e dipendenti che dimostrano «il profondo disagio di restare lì», dice Tedeschini, «tutte le comunicazioni, telefoniche, via mail, su Whatsapp, sono importanti e acquisite». In cima alla lista la mail del direttore dell’albergo Bruno Di Tommaso, inviata alla Provincia e anche alla Regione: «I clienti sono terrorizzati dalle scosse sismiche e hanno deciso di restare all’aperto. Abbiamo cercato di fare il possibile per tranquillizzarli ma, non potendo ripartire a causa delle strade bloccate, sono disposti a trascorrere la notte in macchina. Con le pale e il nostro mezzo siamo riusciti a pulire il viale d’accesso, dal cancello fino alla ss 42». E poi, «chiediamo di predisporre un intervento al riguardo».

Una mail spedita alla Provincia e anche alla Regione intorno alle 13. La Tedeschini ha quindi invitato i giornalisti mercoledì 25 gennaio alle ore 15 sempre a Palazzo di Giustizia per un aggiornamento sul quadro delle indagini.

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