I medici legali: «Riccardo Zappone non poteva salvarsi, neanche se soccorso subito»

4 Settembre 2025

D’Ovidio e Salvi cancellano l’ultimo dubbio sulla morte del 29enne dovuta alla maxi dose di cocaina: «Un intervento sanitario, il più intensivo immaginabile, non avrebbe migliorato la prognosi»

PESCARA. Dal deposito della relazione tecnica stilata dal medico legale Cristian D'Ovidio e dal collega Aldo Salvi, sulla morte di Riccardo Zappone, avvenuta il 3 giugno scorso, emerge un dato molto importante oltre a quello primario sulle cause della morte del 29enne, stroncato da un’intossicazione da cocaina. Al momento gli indagati per quella morte, con l'accusa di omicidio preterintenzionale, sono tre: i fratelli Angelo e Paolo De Luca e il genero Daniele Giorgini. Ma la relazione, oltre a scagionare i tre da quella pesante accusa, fissa un punto altrettanto importante che aveva lasciato aperto un interrogativo delicato: se fossero arrivati tempestivamente i soccorsi, Riccardo si sarebbe salvato? E la risposta la forniscono gli stessi esperti del pm quando affrontano il capitolo sulla «eventuale efficacia di un intervento sanitario tempestivo».

«Riteniamo - scrivono gli esperti - che dopo averlo arrestato, anche un intervento sanitario, il più intensivo immaginabile, non avrebbe migliorato in modo significativo la prognosi "quoad vitam", considerata anche la rapida evoluzione peggiorativa avutasi». E a questa conclusione i periti giungono dopo aver spiegato che la causa della morte di Riccardo Zappone, «è stata identificata in un’insufficienza acuta da edema polmonare acuto ed emorragie alveolari diffuse per danno polmonare da cocaina con concomitante e aggravante encefalopatia acuta tossica da cocaina con le caratteristiche del "delirio agitato" e ipertassiemia severa da possibile rabdomiolosi massiva. Sia l'edema polmonare acuto non cardiogeno sia il delirio agitato sono gravati da mortalità molto elevata ed entrambe le forme sono riportate quale causa di morte inattesa in caso di intossicazione da cocaina».

Dunque, una combinazione fatale che non ha lasciato scampo a Riccardo che, prima di giungere all'officina di Angelo Di Paolo, dove all'esterno si consumò l'aggressione ripresa anche da alcune telecamere della zona, aveva assunto una dose massiccia di cocaina.

La relazione è categorica anche in relazione alle percosse violente subite dalla vittima durante l'aggressione dei tre indagati: «L'esame della tipologia delle fratture e soprattutto dei filmati messi a disposizione dalla Procura, ha consentito di ricondurre la plausibile dinamica deterministica delle singole lesioni apprezzate, tuttavia è doveroso sottolineare che, anche alla luce delle risultanze istologiche e tossicologiche, stante la natura ubiquitaria del processo edematoso polmonare acuto avente eziologia tossica, nessuna delle lesioni traumatiche può essere considerata letale né può aver contribuito alla morte con significatività». E a riguardo gli esperti parlano anche di una «sostanziale guarigione in un periodo confinato entro 20/30 giorni e non è necessaria osservazione in ospedale», riferendosi ai postumi del pestaggio.

Quanto al Taser la relazione, dopo aver riportato statistiche significative sui suoi effetti (su 250mila applicazioni di Taser negli Usa), concludono affermando «con ragionevole certezza che l'uso del Taser, anche se con scariche ripetute e talvolta protratte (sarebbero state 12 in pochissimi minuti ndc) non ha avuto ruolo nel determinismo e co-determinismo della morte di Zappone».

E oggi, davanti ai giudici aquilani del Riesame, chiamati in causa dal ricorso del magistrato Gennaro Varone contro il rigetto della misura cautelare per i tre indagati, i difensori potranno depositare al tribunale questa fondamentale relazione medico-legale che scagiona i presunti responsabili di questa morte dalla pesante accusa di omicidio preterintenzionale. Accusa che ora il pm dovrebbe cambiare in lesioni personali, dando seguito a quanto sostengono i suoi esperti.

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