Il racket dell’elemosina: Pescara spartita tra zii, fratelli e cugini

Mercato in mano ai romeni, al semaforo si guadagna 20 euro al giorno

PESCARA. Le donne adesso sono in Romania, con i figli. Vengono a chiedere l’elemosina d’estate, ma adesso no, perché fa freddo e a dormire fuori non ce la fanno proprio. A Pescara restano a mendicare i mariti, i padri, i fratelli. Interi nuclei familiari, meglio se con qualche problema fisico, che dalle campagne romene sono venuti a spartirsi zone, semafori e supermercati.

Il centro, Porta nuova, Santa Filomena, i Colli. È una regola non scritta, che per ora niente ha a che fare con la guerra che si fanno di notte quelli del racket della prostituzione per il controllo dei marciapiedi e che invece a loro impone semplicemente di non questuare dove c’è già qualcuno. Un esempio, il semaforo di via Venezia dove Pietro Lambertini ha potuto fare il reportage pubblicato a fianco: il romeno che sta lì solitamente, in questi giorni è a casa, in Romania, e la piazza è libera finchè non tornerà. Per lui, sono rimasti a controllare la zona del centro il fratello che chiede l’elemosina al semaforo di via Ravenna, e il nipote che invece staziona davanti alla farmacia di via Fabrizi. Poi anche i suoceri del fratello e un altro parente ancora, l’uomo senza una gamba che solitamente sta su corso Vittorio con la protesi accanto, quella che ha messo dopo che un treno, come racconta, gli ha falciato l’arto.

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«Sono quelli come lui che raccolgono più soldi», racconta un loro connazionale che chiede di rimanere anonimo, «quelli con qualche disabilità, come l’anziana con la gamba di legno che si vede spesso in giro». Ma chi per un verso, chi per un altro, a testa riescono mediamente a mettere insieme 20-25 euro al giorno che dopo due o tre mesi gli permettono di comprare il biglietto per la Romania (70-80 euro per due giorni di viaggio) e di tornarsene a casa da moglie e figli per qualche settimana. Con il denaro risparmiato dormendo sotto il tunnel della stazione c’è chi ci si sta facendo la casa (i fortunati che hanno già un pezzo di terra) o chi riesce comunque a crescere i figli e a mandarli a scuola, anche se poi qualcuno sceglie anche l’albergo («10 euro a persona nella stessa stanza») e qualcun altro fa accordi a forfait. Ma i più continuano ad andare alla stazione dove ogni notte, nonostante la chiusura dalle 22, una cinquantina di persone si ritrova sotto il tunnel nord con coperte e materassi. Riemergono nelle prime ore del mattino, quando uno alla volta si radunano davanti al terminal degli autobus. Ognuno con la propria giornata da portare avanti, la propria zona da raggiungere. Qualcuno ha fisarmoniche, violini e chitarre ma in pochi sono musicisti veri come l’anziano che gira indossando il costume romeno: a casa sua faceva l’insegnante di musica e qui si è portato dietro i due figli violinisti.

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A settembre la Caritas diocesana, per il progetto Agar «Vite in affitto» ha “mappato” la presenza dei mendicanti contandone 51 tra Pescara e Montesilvano. «Sono diventati più capillari», spiega Mauro Diodato che ha partecipato alla realizzazione del report, «sembra che abbiano ramificato la loro presenza in città: non più solo davanti ai centri commerciali ma anche davanti a discount e supermercati, quasi a cercare più da vicino la solidarietà di chi, dall’altra parte, è comunque in difficoltà».

Ma c’è qualcuno che li sfrutta? Spiega Antonello Salvatore, coautore dello studio della Caritas e responsabile del centro diurno Train de vie dell’associazione On the road: «Sulla base delle nostre informazioni, non sembrano esserci circuiti di sfruttamento, ma è chiaro che il rischio c’è. In questo momento parliamo di modalità di sopravvivenza di gruppi, i rom della Romania, che sono particolarmente disagiati ma che vanno supportati proprio per prevenire il pericolo del racket».

Per Natale, intanto, è previsto un boom di arrivi.

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