In manette la banda di piazza Salotto

Pescara, sgominata organizzazione di albanesi che controlla lo spaccio in centro.

PESCARA. Si erano insediati nel cuore della città, tra piazza Salotto, piazza Primo Maggio e corso Umberto. Da qui controllavano un traffico di droga che partiva dall’Albania, transitava per la Lombardia e arrivava a Pescara, dove la merce, all’insaputa dei gestori, era destinata ai clienti dei locali del centro: l’eroina aveva ripreso a scorrere a fiumi e i padroni del territorio, per la polizia, erano diventati gli albanesi.

Droga per milioni di euro sarebbe stata immessa in modo massiccio, a prezzi ridotti sulla piazza di Pescara grazie a un terminale italiano, Luca Gargivolo, con l’obiettivo di estendere la sfera di influenza di un gruppo radicato a nord e colonizzare la zona più «fertile» della costa adriatica del centro-sud. «Volevano impadronirsi del centro di Pescara» ha spiegato il capo della squadra Mobile Nicola Zupo. «Gargivolo era una pedina, comprava spesso a credito e aveva forti debiti con gli albanesi, che non sopportavano il suo modo di fare: se non fossimo intervenuti, questa storia sarebbe finita nel sangue. Abbiamo accertato un debito di 300 mila euro».

Con un blitz scattato all’alba in sei città, la polizia ha sgominato i nuovi «grossisti» dell’eroina, prima fase di una inchiesta più vasta con diramazioni internazionali che resta coperta dal segreto. Quattordici gli arresti in esecuzione di sedici ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip Guido Campli su richiesta del sostituto procuratore Silvia Santoro. Due le persone ancora latitanti, tre gli italiani coinvolti.

A Pescara e a Francavilla, a Brescia, Bergamo e nei centri limitrofi sono scattate le manette per Rejnald Velja, 22 anni, e il fratello Roxhen Velja, 24 anni, la madre Valbona Shahini, 46 anni, Eder Gjergji, 23 anni, Orges Kulla, 22 anni, Florian Kulla, 24 anni, tutti residenti nel cuore di Pescara; e poi ancora per Ari Dhima, 28 anni, residente a Francavilla al Mare; Luca Gargivolo, 29 anni; Ramona Filosofi, 19 anni; Giuliano Vitale, 45 anni, tutti residenti a Pescara; Eduarto Ikonomi, 27 anni, residente a Milano; Alen Xhia, residente a Pontevico (Bs); Endri Gordja, 20 anni, residente a Capriate San Gervasio (Bg) e Aldo Avdyli, 20 anni, residente a Brescia. Sono accusati a vario titolo di avere ideato e organizzato l’approvviggionamento e la vendita di ingenti quantitativi di droga.

Per Ari Dhima si ipotizza anche lo sfruttamento della prostituzione nei confronti della convivente.
«Noi pensiamo che potessero movimentare 500-600 mila euro di eroina al mese, fornendola anche a credito, cosa che dimostra il controllo del territorio» hanno spiegato il responsabile dell’Antidroga Domenico Pantalone e il suo vice Costanzo Pastore. Nel corso delle perquisizioni, nella casa di uno degli arrestati, a Brescia, la polizia ha scoperto 2 chili di eroina più cinque chili di sostanza da taglio, per un totale di sette chili di «roba» da vendere, oltre a una pressa per confezionare i panetti destinati a Pescara.

Dopo nove mesi di intercettazioni e appostamenti, gli investigatori hanno messo la parola fine a una indagine iniziata nell’inverno scorso, quando l’esistenza della banda emerse improvvisa, il 9 febbraio, per un fatto di sangue: un accoltellamento in piazza Salotto e dal ritrovamento, in un appartamento in pieno centro, di due chili di eroina e di una pistola da guerra.

Nel corso di una indagine satellite furono sequestrati altri cinque chili di droga. Da quei fatti comincia la rovina della banda, il cui interesse principale, ha spiegato Zupo, era «rendersi invisibile», tanto da rinunciare, su suggerimento di zio Tito, un parente albanese dei fratelli Velja, a vendicare l’affronto subito in piazza Salotto.

A rendere inquieti i componenti del gruppo, invece, era il comportamento di Gargivolo di cui, nel corso delle intercettazioni, gli albanesi lamentano spesso i forti ritardi nei pagamenti. Secondo gli inquirenti, prima del 6 febbraio, Gargivolo sarebbe già entrato in possesso di un ingente quantitativo di eroina per un valore di 100 mila euro.

Per ripagare i venditori, Gargivolo, a corto di soldi, avrebbe in diverse occasioni ceduto o cercato di cedere delle auto, come una Mercedes classe A che viene però rifiutata. Ma i debiti erano troppi, tanto che, secondo gli investigatori, l’uomo sarebbe più volte stato costretto a ricorrere agli usurai, infilandosi così un circolo che, di questo sono convinti gli investigatori, rischiava di diventare mortale.