Inchiesta rifiuti, nullo il rinvio a giudizio di Di Stefano

Il collegio giudicante del tribunale di Pescara accoglie l’eccezione sollevata dalla difesa: gli atti relativi al parlamentare Pdl (accusato di millantato credito o traffico di influenze) tornano al gup
PESCARA. La posizione del parlamentare del Pdl Fabrizio Di Stefano, imputato nel processo relativo all'inchiesta sulla realizzazione, a Teramo, di un impianto di bioessicazione dei rifiuti, torna davanti al gup. È quanto emerso, oggi, nella prima udienza del processo davanti al Tribunale collegiale di Pescara. Il collegio ha accolto una eccezione, sollevata dall'avvocato Massimo Cirulli, difensore di Di Stefano, circa la nullità del decreto che dispone il giudizio, rinviando gli atti al giudice per le udienze preliminari e stralciando, dunque, di fatto la posizione del parlamentare. Il pm dovrà ora riformulare il capo di imputazione.
Di Stefano era stato rinviato a giudizio, nel maggio scorso, con l'accusa di millantato credito o traffico di influenze. Inizialmente gli era stato contestato il reato di corruzione, diversamente qualificato poi dal giudice in millantato credito. Sempre durante l'udienza odierna, sono state sollevate dalla difesa degli imputati altre eccezioni, tutte per lo più respinte, come quella riguardante la competenza territoriale. Il processo conta cinque imputati, accusati a vario titolo, di corruzione, peculato, abuso e turbativa d'asta. Fra loro figurano l'ex assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni e l'imprenditore Rodolfo Di Zio. Secondo quanto contestato dall'accusa, Venturoni avrebbe messo in atto un piano di svuotamento di funzioni della Team Spa, di cui era presidente, per favorire la Deco spa dei fratelli Di Zio e far ottenere a quest'ultima, senza gara d'appalto, l'affidamento della costruzione e gestione di un impianto di bioessicazione di rifiuti a Teramo.
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