L’Abruzzo ha sete ma 1 litro su 2 si spreca

Le Ato sono commissariate, le società di gestione poco efficienti E il piano degli investimenti è crollato di oltre 130 milioni
PESCARA. All’affacciarsi di ogni crisi idrica si torna a parlare di partito dell’acqua. Oggi non ci sono più le poltrone degli Ato, gli enti d’ambito ottimali, commissariati e governati da un tecnico della regione, Pierluigi Caputi, in attesa che si costituisca l’Ersi, l’ente regionale del servizio idrico previsto dalla riforma. Restano però le società di gestione, spa controllate dai comuni: Saca, Sasi, Gran Sasso acqua, Aca, Ruzzo Reti (i cui organismi, presidenti consiglieri d’amministrazione, vengono eletti dalle assemblee dei sindaci del comprensorio), e le società di patrimonio proprietarie delle reti. È qui che i partiti esercitano ancora il loro ruolo, che mettono i loro uomini, che hanno voce in capitolo per le assunzioni. Si tratta di un sistema che dovrebbe essere superato dalla riforma. E che dalla riforma attende una maggiore efficienza.
In Abruzzo la riforma si rifà all'esperienza anglosassone delle Water Authorities: una sola Ato (Ersi), che si struttura come Autorità indipendente cui attribuire poteri di programmazione degli interventi, di determinazione della tariffa e di verifica della sua corretta applicazione, di controllo del raggiungimento dei livelli di servizio che il gestore deve assicurare all'utente. Un modello che dovrebbe superare le criticità delle gestioni passate, caratterizzate da bassa redditività e perdite d'esercizio dovute soprattutto al costo del personale, alla sovrastima dei ricavi e alla incapacità di fare piani industriali affidabili dal punto di vista economico finanziario. Questo si desume anche dal taglio degli investimenti previsti, che sono passati, secondo la relazione al Parlamento del 2011 della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, da circa 888 milioni di euro in 24 anni (a partire dal 1999) a 754 milioni di euro (-133 milioni). Un taglio dovuto soprattutto alla caduta degli investimenti da tariffa, mentre quelli da contributi pubblici sono leggermente aumentati (da 6,5 a 17 milioni). La relazione della commissione evidenzia anche le inefficienze e le lentezze della rete idrica abruzzese. Per esempio i 56 giorni che occorrono mediamente in Abruzzo per allacciarsi alla rete, contro i 49 giorni della media italiana e i 39,4 giorni del Nord. In Abruzzo è record anche per i giorni d’attesa per una risposta a una richiesta di informazione, e per la durata delle interruzioni non programmate e delle ore che occorrono per ripararle.
Altro capitolo è quello degli sprechi della rete idrica, un male non solo abruzzese.
La media dell'acqua immessa nelle tubature e dispersa in Italia è del 36,2%, ma in Abruzzo si arriva al 55,2%. In questa percentuale bisogna considerare le perdite da mancata fatturazione dell’acqua erogata. In Abruzzo è pari al 7,2% del liquido immesso nelle condutture.
Una analisi ancora più dettagliata la fa il consigliere regionale dell’Idv Carlo Costantini sull’Aca di Pescara: «Nell'anno 2010, su 64.677.935 metri cubi d'acqua usciti dai serbatoi dell'Aca, solo 28.700.281 metri cubi sarebbero finiti nelle bollette. In buona sostanza il 56% dell'acqua che esce dai serbatoi sparisce, si volatilizza, il 42% si presume in dipersioni della rete e tutto il resto in problemi che andrebbero dai contatori che non funzionano, alle perdite che si consumano durante le manutenzioni o addirittura a causa dei "fontanili".
©RIPRODUZIONE RISERVATA
COMMENTA LA STORIA
SUL SITO INTERNET DEL CENTRO
www.ilcentro.it