La cinese si difende: mai fatto la prostituta

L’imprenditrice in carcere a Chieti perché non ha una casa si chiama fuori: «Solo tecniche di relax»
PESCARA. Davanti al gip Maria Michela Di Fine, si è difesa: «Nel mio centro massaggi di via Verrotti non c’era attività di prostituzione, soltanto massaggi». È questa la versione di Li Shanying, 40 anni, unica arrestata in carcere dell’operazione Relax. Da mercoledì scorso è rinchiusa nel carcere di Madonna del Freddo, a Chieti, non perché i reati ipotizzati da carabinieri di Montesilvano e procura di Pescara siano più gravi di quelli degli altri sottoposti agli arresti domiciliari, ma perché non ha un altro posto dove andare. Non ha parenti in Italia la titolare del centro massaggi An Mo e per questo è in carcere da 5 giorni. Ma le porte della casa circondariale potrebbero aprirsi presto: l’avvocato Claudio Croce presenterà, a stretto giro, una istanza di scarcerazione. «Non ci sono più esigenze cautelari», è il commento del legale.
Nell’interrogatorio di garanzia, venerdì scorso, Li Shanying si è chiamata fuori dall’indagine. Del resto, la cinese si è ritrovata indagata per una manciata di giorni: i reati contestati vanno «dal giugno 2012 al febbraio 2013» ma, sottolinea la difesa, Li Shanying ha rilevato il centro massaggi soltanto «il 17 gennaio 2013». Nessuna attività di prostituzione, è la versione della cinese, che ha sottolineato di aver presentato il 21 gennaio scorso al Comune una segnalazione di inizio attività di estetista.
Ma per i carabinieri e la procura, il centro massaggi era una «copertura» di una casa d’appuntamenti. Un caso quello del centro massaggi An Mo che ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati anche di un residente di Rovigo, Andrea Bordin: per l’accusa, Bordin sarebbe un «prestanome» e lo rivelerebbero le intercettazioni telefoniche «che evidenziano il coinvolgimento di Bordin nella cessione dell’attività formalizzata nel gennaio 2013 e i rapporti patrimoniali con i reali gestori facendosi riferimento a denaro che deve ricevere per il suo lavoro, evidentemente quale corrispettivo del favore reso ai cinesi per essersi offerto come responsabile tecnico necessario per l’apertura di un centro benessere».
Le indagini sui centri massaggi cinesi a Montesilvano – la stima dei carabinieri è quella di un giro d’affari da un milione di euro – non sono finite: oltre ai due fascicoli aperti, ne esiste un terzo che potrebbe portare a nuovi sviluppi. ©RIPRODUZIONE RISERVATA