La valle in movimento ingoia case, ricordi e sogni a Civitella Casanova

13 Febbraio 2015

Quattordici famiglie evacuate, minate anche le villette dei turisti inglesi

CIVITELLA CASANOVA. «Dieci anni di vita m’hanno tolto». Lena D’Antuono si fa forza mentre i vigili del fuoco caricano le bottiglie di pomodoro e i quadri che lei e il marito hanno deciso di portarsi a Carpineto della Nora, dalla figlia che li ospita, sperando che nel frattempo gli sciacalli non gli svuotino la casa a due piani costruita dopo anni di sacrifici in Germania: «Trentasette mio marito e venti io, a lavorare in fabbrica». Quella casa con tre ettari di terra intorno che due giorni fa Lena e il marito, 69 e 81 anni, hanno dovuto abbandonare all’improvviso come le altre 13 famiglie della contrada Valle del Giardino, la valle che i vecchi chiamavano “la valle in cammino”, e solo adesso si è capito perché.

Come un secolo fa. C’era la frana che incombeva sotto quel terreno argilloso che già 120 anni fa si era trascinato giù «il colle», come dice la gente del posto. La frana che dopo più di un secolo, con movimenti sotterranei lenti e inesorabili è tornata a creare fratture e fessure che hanno provocato uno scivolamento del terreno, su un fronte di 600 metri e un raggio di un chilometro e mezzo, di almeno due metri. Due metri che secondo gli esperti potrebbero aumentare e che intanto hanno aperto in più punti le due strade comunali che costeggiano case, stalle e rimesse (collegando la contrada alla frazione di Vestea, nel comune di Civitella Casanova), portandosi dietro pali della luce e alberi, con le condotte dell’acqua che si sono aperte e le case, le case purtroppo, lesionate e ferite come dopo un terremoto.

La valle degli inglesi.Nella valle del Giardino che con la sua natura e i suoi sapori ha saputo ammaliare numerosi turisti inglesi che qui hanno acquistato case e terreni, adesso lo scenario è da catastrofe, con quelle case e quei terreni che tutt’a un tratto sono diventati impraticabili. Con la macchina dei carabinieri a controllare che in quelle case evacuate non entri nessuno a far razzìa, con i vigili del fuoco che aiutano gli ultimi sfollati a portare via masserizie e oggetti personali, c’è rimasto solo qualche cane a girare tra i resti di un presente svanito sotto la spinta di una frana che nessuno si aspettava.

Uno choc. «Mio marito ed io abbiamo costruito qui la nostra casa, quando ci siamo sposati 14 anni fa, mai avremmo immaginato quello che ci sta succedendo», dice con le braccia conserte e il padre Lucio a fianco Stefania Di Toro Mammarella, 38 anni, che con il marito e i due figli di 8 e 10 anni da mercoledì si è trasferita in un appartamento a Vestea. «La mia e quella qui accanto sono le uniche case che non hanno lesioni, ma non ci torno finchè non mi diranno che la situazione è sicura. Dovesse passare un anno, ma non ci torno, perché la vita dei miei figli non la rischio. Anche se mi dispiace, e come».

Vestiti e foto. A Vestea, Stefania si è portata «il minimo indispensabile», ma c’è anche chi, oltre a vestiti e vettovaglie, torna indietro per una foto, come racconta il caposquadra dei vigili del fuoco Sergio Scarpitti, arrivato da Pescara con i colleghi a prestare aiuto agli sfollati. «Lì», indica il vigile del fuoco guardando verso una casa poco più su da quella di Lena, «la proprietaria è rientrata per staccare dal muro la foto del suocero».

Un clima da day after dove, nel silenzio di quel che resta, un cinghiale si allontana sospinto dal rumore dei mezzi dell’Aca arrivati a riparare le condotte dell’acquedotto Tavo che da tre anni, dicono gli ultimi abitanti che se ne vanno, si sono rotte di continuo, con perdite che forse, ipotizza qualcuno, hanno contribuito ad allentare il terreno sotterraneo. Di fatto, almeno le rotture delle ultime settimane, erano il segno che lì sotto la terra si stava muovendo. E nessuno lo sapeva.

Il sindaco. «Di sicuro è un fronte franoso diverso da quello che ha colpito pochi giorni fa la zona di Villa Celiera», afferma l’assessore comunale Augusto Recchia che con il sindaco Marco D’Andrea e gli altri componenti del consigli o comunale da lunedì stanno gestendo un’emergenza che è andata peggiorando. «Il primo smottamento del terreno c’è stato lunedì», riferisce il sindaco, «provocando le prime crepe che il giorno successivo si sono intensificate, tanto da farci decidere di evacuare i due nuclei, una signora anziana con il figlio e una coppia di mezza età. Sempre martedì abbiamo chiamato il geologo che ci ha anticipato quello che poi si è verificato il giorno successivo quando, in via precauzionale, abbiamo fato evacuare le altre 12 famiglie, allertando al contempo tutti gli enti competenti, a cominciare da Regione, Prefettura, Forestale, carabinieri e protezione civile». Sul posto c’è stato anche l’assessore regionale all’Ambiente Mario Mazzocca ma, dicono gli amministratori di Civitella Casanova, «l’emergenza non dura un giorno, l’emergenza, qui, è appena iniziata».

«Per il momento abbiamo messo a disposizione delle case sfitte a Vestea e nei dintorni», precisa il sindaco, «ma come Comune non possiamo permetterci di gestire questa situazione, serve assolutamente il riconoscimento dello stato di calamità, solo così ce la possiamo fare». Solo così Lena e gli altri che da un giorno all’altro sono andati a vivere a casa di amici e parenti, potranno riprendere il filo della vita. «Speriamo che ci ascoltano», dice quasi tra sè Lena, « speriamo che ci fanno tornare a casa nostra, con tutti i mobili aggiustati, tutte le comodità, una casa da principe c’eravamo fatti».

E invece la valle «in cammino» ha ripreso a camminare: «Fino alle 8 di mercoledì non era successo niente», racconta Lena, «c’erano venuti a chiedere, ma era tutto a posto. Poi all’improvviso mi sono ritrovata che s’è spaccata la strada qui davanti, il muro dentro, le pareti della camera, sono saltate le feritoie, un macello».

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