L’incubo al negozio di camerette: le famiglie pagano in anticipo ma restano senza mobili per i figli

25 Agosto 2025

Sono per ora una ventina, oltre al denaro hanno perso i contatti con i venditori e non sanno come fare. Il negozio è chiuso da almeno due mesi e sulla vetrina c’è scritto “per inventario”. Il titolare è scomparso

PESCARA. Hanno perso soldi e la merce ordinata non è mai arrivata. E non vogliono che qualcun altro riviva ora l’incubo in cui loro si sono involontariamente ritrovate. Tra telefonate, lettere di sollecito, pec, diffide e raccomandate. «Mai più», dicono tutte insieme valutando ora le prossime mosse. Loro sono le famiglie che si erano rivolte a un negozio di arredamento sulla Tiburtina che opera per conto di una grande marchio del settore, per arredare le camere dei bambini.

Scrivanie, sedie e lettini colorati, che nonostante fossero stati ordinati e accompagnati con un acconto, e in qualche caso anche saldati, non sono più stati consegnati. Il negozio è chiuso da almeno due mesi, il titolare o almeno colui che si spacciava per tale, è sparito e i venditori hanno nel frattempo lasciato l’attività per dedicarsi ad altro. In mezzo sono rimaste mamme e papà che nel migliore dei casi hanno rimesso 2-300 euro corrispondente all’anticipo richiesto al momento dell’ordine. Ma ci sono anche nonni che pensavano di fare un regalo e una bella sorpresa ai nipotini e che alla fine, fidandosi, avevano già consegnato l’intera somma di 5-6mila euro.

nessun rimborso. Sono per ora una decina – ma il numero cresce giorno dopo giorno - le loro storie che s’intrecciano e che parlano di amarezza, delusione, ma anche di rabbia, tanta rabbia, per quello che al momento appare essere una truffa. E nella quale la casa madre, il noto marchio di arredamento, sembra anch’essa una vittima del commerciante nel frattempo scomparso. Salvo poi non garantire anche lei alcun ristoro, alternativa e copertura alle famiglie che avevano pagato e sono state lasciate senza i mobili.

IL NEGOZIO. “Chiuso per inventario”: così c’è scritto sul foglietto lasciato sulla vetrina del negozio di arredamento per bambini. Dentro non c’è nessuno. E l’inventario dev’essere veramente complicato perché il biglietto è lì da parecchio tempo, tanto quanto il negozio risulta essere chiuso. Inutile suonare o bussare. Da sotto la porta sbuca una serie di lettere e raccomandate ingiallite dal tempo. Appesa allo stipite c’è un avviso da ritirare alle Poste. Ed è tutto intestato alla stessa srl che ha sede nel negozio e il cui nome non è affatto rassicurante: Cerbero.

Si può chiedere in giro per sapere che cosa è avvenuto in questi giorni. Davanti alle vetrine hanno stazionato famiglie e fornitori in attesa che il negozio riaprisse almeno dopo le vacanze. Niente. Malgrado sul sito della stessa attività si diceva che martedì 19 avrebbe riaperto.

I MACCHINONI. Ma scene di arrabbiature e seccature sul marciapiedi davanti alle vetrine chiuse sarebbero iniziate a luglio quando sono emersi i primi problemi. E qualcuno ha cominciato a capire. Viene raccontato che qualcuno «che è arrivato con un macchinone» si è sfogato e ha cominciato a prendere a calci la porta d’ingresso, gridando e inveendo contro il responsabile. Di certo era un creditore, ma non si sa se fosse solo un fornitore.

Sul sito nel frattempo la dicitura è cambiata: “Negozio temporaneamente chiuso”, frase che lascerebbe aperto uno spiraglio di speranza di vederci prima o poi qualcuno, ma che si è rivelata, almeno fino ad oggi, un’illusione. C’è un numero di telefono a cui rivolgersi, ma non è attivo. Abbiamo anche seguito il consiglio di scrivere una mail: per tutta risposta siamo stati rimandati al punto di partenza, ovvero allo stesso negozio sulla Tiburtina. Eppure l’annuncio dell’apertura della rivendita a ottobre era stato accompagnato da una diffusa campagna di lancio che prometteva sconti e soprattutto puntava sull’originalità del brand nazionale. Quei mobili così colorati e funzionali rappresentano il sogno di genitori e bambini per la loro cameretta.

QUANTE STORIE. Ad esempio, c’è la storia di Martina, una mamma di Pescara, che al negozio sulla Tiburtina, si era rivolta a gennaio per ordinare scrivania e libreria per la figlia di 9 anni. «Il preventivo era di 1.400 euro», racconta, «e ho pagato in un’unica soluzione e il venditore, un ragazzo tanto gentile, mi ha garantito che i mobili sarebbero arrivati a marzo. Il punto è che quando sono arrivati non erano quelli che avevo ordinati, erano cioè di un altro colore. Allora, ho chiesto e ottenuto che fossero cambiati». Da lì per la signora Martina le cose sono andate storte: «Sono stata contattata più volte, rassicurata, ma scrivania e libreria che avevo pagato non sono più arrivate. A luglio sono allora andata direttamente al negozio per farmi sentire, ma era giù chiuso. Da allora sono passata lì tutti i giorni, e la situazione è rimasta sempre la stessa. Lo stesso venditore tanto gentile l’ultima volta che l’ho sentito, mi ha detto che ha lasciato quel negozio. E quando gli ho riferito che stavo per prendere provvedimenti, mi ha risposto che facevo bene».

Francesca era invece arrivata da Ortona per acquistare una cameretta attirata proprio dal nome del brand. «Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe finita così?», oggi si domanda. Il suo ordine lasciato inevaso era per complessivi 5.600 euro: «Quando chiamavo rispondeva una certa Giada, disponibile, e mi riempiva di scuse per la merce che non arrivava. Ma diceva che avevano problemi con i fornitori. Dopo di lei mi ha telefonato un tale Gianni promettendo che la cameretta era in arrivo, salvo poi richiamarmi dopo due giorni per dirmi che lasciava il negozio». Francesca ha inviato più pec alla società di Pescara, l’ultima delle quali il 4 agosto, senza ricevere risposte.

Accanto alle storie di Martina e Francesca c’è quella di Mara che aveva dato un acconto di 200 euro su un ordine di 3mila euro e che ha evitato per un soffio di consegnare la caparra. Anche lei sta ancora aspettando la cameretta.

E poi c’è un papà, Luigi, che può dire di essere stato fortunato perché «la venditrice, una certa Sofia, mi ha avvisato del ritardo della consegna e così non ho completato il pagamento». La cifra finale sarebbe stata di 6mila 800 euro, anche lui ci ha per ora rimesso “solo” l’acconto di 200 euro.

LA COMUNITà. I clienti rimasti senza arredamento si sono ritrovati via Social e stanno valutando che cosa fare. Qualcuno racconta anche che è riuscito ad avere un contatto che a sua volta gli ha suggerito di rivolgersi a un altro negozio in Campania della stessa catena in franchising. L’obiettivo era di ottenere almeno quanto ordinato a Pescara: «Ma dall’altro negozio hanno risposto che loro non c’entravano nulla e di rivolgersi a Pescara».

Sballottati da una parte all’altra, e sempre con lo stesso risultato: niente. Neanche dall’azienda madre della cui campagna di lancio del negozio di Pescara è rimasto un jingle che sa di beffa per le famiglie: “Ragazzi felici, genitori di più”.

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