Calcio serie A

I temi della nuova serie A: stadi più pieni, le tv soffrono

25 Agosto 2025

L’arbitro che parla al microfono, l’angolo punitivo e il Nord che insegue il Napoli: partita la nuova stagione

Era il campionato più bello del mondo. Erano gli anni Ottanta e Novanta e, probabilmente, non ci siamo resi conto che stavamo vivendo un bel periodo non solo calcistico. Il pallone - e tutto il suo carrozzone - è ripartito sabato con il contorno di due guerre e con l’assoallenatori che chiede di non giocare per via di quel che accade a Gaza.

È cambiato il mondo ed è cambiato anche il calcio. Gli ultimi dati dicono che c’è sempre più gente allo stadio e sempre meno davanti alla televisione. Un’inversione di tendenza. Più spettatori sugli spalti, nonostante la gran parte della dirigenza sostenga che per rilanciare il movimento italico c’è bisogno di nuove strutture perché quelle attuali sono obsolete. Sono stati 5,25 i milioni di spettatori tv su Dazn nella stagione 2024-2025. Nella precedente erano stati 5,74 milioni, nel 2022-2023 invece 5,78 milioni. C’è una percentuale del 10% di calo degli spettatori tv in Inghilterra per il campionato di Premier League nell’ultima stagione rispetto alla precedente. Il calcio è ripartito nonostante i debiti che si trascina dietro. Un fardello non da poco.

Ed è ricominciato con qualche novità regolamentare tesa a rendere le partite più spettacolari e appassionanti. È opinione comune che ce ne siano alcune noiose. Che più in generale lo spettacolo del calcio è soffocato dalla tattica. Specialmente in serie A. L’Italia sente la trasformazione più di altri Paesi perché, se un tempo i migliori calciatori del mondo venivano a giocare nel Belpaese, oggi prendono altre direzioni. Non solo: appena un italiano con un po’ più di talento si palesa, viene prelevato a suon di milioni da club esteri, come è accaduto per Verratti, Chiesa, Calafiori, Tonali, Donnarumma e Leoni. E abbassare il livello tecnico delle squadre significa pregiudicare lo spettacolo delle partite.

Negli impianti italiani, nelle ultime due annate si sono superati i 30 mila spettatori a partita, livelli che si raggiungevano negli anni Novanta: la voglia di stadio post-Covid ha sicuramente influito, ma da sola non basta a spiegare questa ritrovata affezione da parte delle tifoserie.

Contribuisce sicuramente il piacere di tifare e farlo dal vivo in compagnia. Al contempo, le ultime stagioni hanno fatto registrare cali decisi, attorno al dieci per cento, delle fruizioni televisive. Meno spettatori davanti al televisore.

Nel corso degli anni sono state introdotte delle variazioni al regolamento, ma la sensazione è che non abbiano prodotto gli effetti sperati. Il Mondiale per club ha testimoniato, ad esempio, che il soccer negli States non attecchisce. La Fifa ci riproverà con i Mondiali dell’anno prossimo. Per due edizioni l’Italia ha fallito la qualificazione alla fase finale e adesso spera di evitare il tris. C’è una generazione che non ha vissuto le notti magiche dei Mondiali, quelle in cui l’Italia si ferma per vedere gli azzurri. Fallire anche questo assalto sarebbe un altro disastro, ma l’ansia e il terrore di non esserci testimonia il livello di un movimento che vive di ricordi.

Sono arrivati Kevin De Bruyne e Luka Modric; sono tornati Ciro Immobile e Edin Dzeko. Tutta gente tra i 35 e i 40 anni. È quello che la serie A si può permettere. E allora vai con la sperimentazione. Il Var a chiamata in serie C e in A femminile. Soprattutto, gli arbitri che spiegano agli spettatori allo stadio il motivo della decisione adottata dopo aver rivisto l’azione al monitor. A Como il primo caso, ieri, con l’annullamento della rete di Castellanos. Per tutti è un altro passo verso l’arbitro che parla. L’evoluzione dell’introduzione della Var. E poi il calcio d’angolo nel caso in cui il portiere trattiene tra le mani la palla per più di otto secondi. Un po’ alla volta il calcio sta cambiando. Dai tre punti a vittoria al portiere che deve giocare la palla con i piedi. Un’evoluzione del gioco e del regolamento.

Mai come questa volta è il nord che insegue il sud. Il Napoli è campione d’Italia e, probabilmente, una delle società più solide. Conte è rimasto alla corte di De Laurentiis perché il presidente gli ha accordato la possibilità di allargare la rosa con elementi di qualità che permettano al Napoli di continuare a primeggiare in serie A e di dare l’assalto alla Champions. Inter, Milan e Juve inseguono. A ruota c’è anche la Roma alle prese con l’ennesimo avvio di un ciclo. Tutti devono fare i conti con i numeri del bilancio. De Laurentiis, invece, conta i 75 milioni incassati a gennaio per Kvaratskhelia e gli altri 75 presi per Osimhen al Galatasaray. Compra e rivende. E, soprattutto, vince. Poi, sarà più o meno simpatico, ma i fatti sono questi. Anzi, aggiungiamoci pure che la famiglia ha preso il Bari in B e che quando può divide gli utili. Gli altri devono prima vendere per poi acquistare, lui - l’uomo arrivato dal cinema - monetizza e sfrutta il brand Napoli nel mondo dopo averlo raccolto in C.

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