Ma i prof disponibili sono sempre di meno: «Troppe responsabilità»

Gita? No, grazie. Sono sempre di meno i prof disposti ad accompagnare in viaggio di istruzione le proprie classi

L’AQUILA. Gita? No, grazie. Sono sempre di meno i prof disposti ad accompagnare in viaggio di istruzione le proprie classi. Secondo un'indagine del noto sito Skuola.net quasi due studenti su 5 non partono: il 58% rimane a casa, il 20% ha programmato una gita con gli amici, il 22% con i genitori. E a pesare sullo stop alle gite scolastiche è il rifiuto da parte dei docenti di accompagnare i ragazzi.

Dei 176mila alunni in Abruzzo (53.000 nella provincia di Chieti, 43.000 Pescara, 40.000 a Teramo e 37.000 all'Aquila), dunque, meno della metà va in gita. Secondo il 39% degli studenti intervistati dal sito, i professori si sarebbero rifiutati di accompagnarli.

Perché? Quali sono i motivi? Lo spiega il segretario regionale della Flc-Cgil scuola, Cinzia Angrilli: «I motivi sono tanti: sono sempre gli stessi insegnanti a dare la disponibilità, portare i ragazzi in gita è una grande responsabilità, non c'è nessun tipo di incentivo da parte della scuola e spesso la disponibilità si traduce in un onere».

I RAGAZZI. Le scolaresche, inoltre, diventano sempre più difficili da gestire. «I ragazzi sono pieni di sorprese, non sempre è facile conoscerli», dice la sindacalista: «A volte fingono, a volte recitano e purtroppo a volte bevono».

Dai dati di una precedente indagine sempre di Skuola.net emerge un quadro preoccupante: uno studente su 10 dichiara di aver fatto uso di droghe (principalmente leggere), ma al triennio delle superiori questa percentuale si raddoppia. Se i più piccoli hanno più timore ad allontanarsi da soli dall'albergo di sera (uno su 10), alle superiori due su 5 ammettono la pratica. Sia alle medie che alle superiori circa il 20% dichiara di essersi esposto a situazioni rischiose per passare da una camera all'altra senza farsi scoprire dai professori. »Le ultime generazioni, inoltre, hanno iniziato molto presto a muoversi, ad allontanarsi dalla famiglia e a scoprire luoghi diversi da quelli in cui abitano», continua l'Angrilli. «La gita non è più l'unica evasione. Il fatto che il viaggio di istruzione non sia più così attrattivo è un po' lo specchio del cambiamento dei tempi».

I COMPENSI. «Non sono previsti compensi per gli insegnanti che decidono di andare in gita, poiché non ci sono risorse sufficienti», continua l'Angrilli. «A fronte di un carico di responsabilità sempre maggiore, il docente che parte per il viaggio d'istruzione non riceve un euro in più in busta paga».

LE FAMIGLIE. Anche la crisi economica dell'ultimo periodo incide notevolmente. «Le famiglie spesso sono in difficoltà a causa dei costi delle gite», spiega la sindacalista. «In altre epoche il viaggio di istruzione aveva un aspetto più educativo e culturale, ultimamente questo aspetto è passato in secondo piano».

LE RESPONSABILITÀ. Ma il vero nodo del problema è forse il carico di responsabilità che è costretto ad addossarsi il docente che parte per il viaggio d'istruzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione sancisce che sugli accompagnatori grava un obbligo di diligenza preventivo, e tale obbligo impone loro preliminarmente l'onere di reperire strutture alberghiere il più possibilmente sicure. I giudici sono giunti a tale sentenza perché i genitori avevano denunciato i docenti-accompagnatori dopo che la figlia si era ferita gravemente, precipitando da una terrazza dell'albergo dove alloggiava durante una gita scolastica. Secondo la Corte i docenti avrebbero dovuto accertare come dalle camere fosse troppo agevole, per gli allievi in gita, accedere al solaio di copertura, e conseguentemente adottare misure idonee a scongiurare tale pericolo. «Per i docenti si tratta di una responsabilità enorme, mentre viene meno l'aspetto educativo e gratificante», commenta la Angrilli.

TERRORISMO. Tra le altre cause di rinuncia al viaggio di istruzione c'è anche la paura per il terrorismo internazionale. «Le mete possibili sono poche», spiega la sindacalista, che aggiunge: «Bisogna fare i conti anche con il fatto che la classe docente è invecchiata, mentre i giovani precari difficilmente si fanno carico delle gite».