Una protesta dell'associazione dei genitori sulle mense scolastiche a Pescara

BIMBI INTOSSICATI / LE INTERCETTAZIONI

"Mense scolastiche, abbiamo rischiato di continuare ad avvelenare la gente"

Spuntano le conversazioni tra alcuni degli otto indagati dalle carte dell'inchiesta sullo scandalo

PESCARA. «Noi abbiamo rischiato di continuare ad avvelenare la gente con i prodotti...». E' una delle frasi forti presenti nelle carte dell'inchiesta sullo scandalo delle mense: sull'intossicazione da Campylobacter che colpì 222 bambini di materne ed elementari che avevano consumato le caciotte incriminate, per la quale il procuratore aggiunto Anna Rita Mantini e il sostituto Anna Benigni, hanno chiuso l'inchiesta con 8 indagati, 4 rappresentanti della Cir e 4 titolari di 2 caseifici. L'intercettazione shock fu captata dai carabinieri forestali guidati dal colonnello Annamaria Angelozzi, che hanno condotto le indagini, nate proprio dalla denuncia di un carabiniere forestale, costretto a portare i 2 figli in ospedale.
LA CONVERSAZIONE L'intercettazione riguarda una conversazione tra uno degli otto indagati, Maria Luisa Di Nicola, e la compagna del figlio di quest'ultima, Christian Savini, titolari del caseificio di Vicoli coinvolto nell'inchiesta, che discutono degli avvenimenti. Christian, parlando con un amico, cerca di scaricare ogni responsabilità sul caseificio Leone di Sulmona che gli forniva le caciotte (anche i due titolari, Angelo ed Eleonora Leone sono indagati). «Il formaggio lo fa un caseificio di Sulmona a marchio mio e io lo distribuisco alle scuole», spiega Christian, «Innanzitutto io non fornisco il pubblico, perché fornisco solo le aziende private, e già là la prima cagata che hanno fatto e poi...mò, pure se ci sta sto problema, di certo non ci sta qua da me, perché nella filiera produttiva noi non ci azzecchiamo niente». È bene precisare che la Cir (4 dei loro rappresentanti risultano indagati) aveva il rapporto diretto con Savini quale fornitore di formaggio e non con i Leone, a cui invece si era rivolto Savini perché non poteva produrre formaggio pastorizzato come imponeva il capitolato della gara vinta dalla Cir. Savini se la prende anche con politica e procura.
«INDAGINE PILOTATA» «Tutta pilotata», dice a un amico al telefono riferendosi all'inchiesta, «ma perché effettivamente dietro ci sta la politica! Capito quello che ti sto a dire?...perché questo è partito dal Comune di Pescara che doveva togliere l'appalto a ’ste aziende...ci stanno di mezzo i grillini...ci sono molte storie dietro. Capito?». Savini, con un altro interlocutore, ribadisce la sua estraneità. «Può essere pure che erano contaminati quelli che hanno trovato nei frigoriferi delle scuole, ma quei formaggi là non li produciamo noi, li fa un'azienda di Sulmona a marchio mio. Invece loro si sono impuntati sulla cosa che io abbia dichiarato che vendo la roba di questa azienda di Sulmona e invece ci metto in mezzo la roba mia... che noi lavoriamo il latte crudo». E ancora: «Voglio dire, a livello di responsabilità, se mo sto prodotto non era pastorizzato correttamente o non era conforme al capitolato della scuola, insomma io mi voglio mettere in gioco pure io, anche se non mi tocca a me. Cioè, se io ti porto la mozzarella tu non sei tenuto ad analizzare la mozzarella prima di farla mangiare a un cliente. Io te la vendo per buona e tu la servi per buona».
L’ATTACCO AI LEONE Poi attacca anche i Leone. «Se veramente è stata sta caciotta che sta nelle scuole a creare l'intossicazione, quindi il prodotto era quello lì. Quello sta a continuare a produrre e a lavorare quindi... se quello ha avuto un problema al pastorizzatore, nessuno se n'è accorto e ha creato ’sto macello, li continua a fa’, capito? Continua ad avvelenà la gente perché quello sta a lavorare». E Savini conclude il discorso così: «Perché là hanno sbagliato tutti, ha sbagliato il Comune, ha sbagliato l'azienda, ho sbagliato io, ha sbagliato chi ha prodotto, abbiamo sbagliato tutti, per l'amor di Dio, però sto a pagà solo io». Ma se nel 2018 la ditta Savini decise di rivolgersi ai Leone, facendo da tramite con la Cir, negli anni 2016/2017 tutti i prodotti vennero forniti dallo stesso Savini per il servizio refezione, e tutto prodotto a base di latte crudo come scrivono gli investigatori nell'informativa, severamente vietato dal capitolato di gara. E che qualcosa non andava al riguardo lo avrebbe confermato anche un ex dipendente della Coldiretti interrogato dai carabinieri forestali.
«Parlai con la signora Enrica Di Paolo, responsabile del settore asili nido circa le problematiche che la Cirfood aveva nel reperire prodotti locali. In quell'ambito ritengo si possa aver anche parlato di problematiche sia quantitative sia relative alle specifiche merceologiche del prodotto caseario e di aver prospettato come soluzione o l'interruzione della fornitura o in alternativa l'adeguamento della lavorazione del latte». Ma nessuno fece niente fino alla maxi intossicazione dei bambini.

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