«Ogni giorno due ore di bici e lettura al pc»

PESCARA. L’ultima consulenza lavorativa risale allo scorso anno. Vittorio Pomilio, classe 1933, a maggio compirà 90 anni. Giocatore di pallacanestro arrivato in Nazionale alla fine degli anni ’50...
PESCARA. L’ultima consulenza lavorativa risale allo scorso anno. Vittorio Pomilio, classe 1933, a maggio compirà 90 anni. Giocatore di pallacanestro arrivato in Nazionale alla fine degli anni ’50 (disputò gli Europei nel ’57) e con il nipote Simone Fontecchio oggi in Nba, l’ingegnere ha lavorato per più di 60 anni, soprattutto nel settore acquedottistico.
Cosa è per lei la vecchiaia? «Con la nostra sopravvivenza portiamo tanti problemi alla società, perché nell’ultima fase della vita diventiamo sempre più deboli e bisognosi di aiuto. Una volta il vecchietto passava la giornata seduto, fumava la pipa e dava pareri che erano ascoltati. Oggi quei pareri sono superati e non li possiamo fornire più».
Lei si sente anziano?
«Ho avuto la fortuna di lavorare lungamente. L’ultima consulenza l’ho fatta lo scorso anno. La mia giornata non ha più impegno fisso, ma ho lasciato invariate tante cose. La mattina passo almeno un paio di ore in bici, leggo con il computer perché ho problemi alla vista e con il pc posso ingrandire tutto. E mi metto a disposizione della famiglia. Ho figli e nipoti in giro per il mondo e quindi faccio tante video call».
Si dice che l’Italia è un paese per vecchi. Pescara?
«Penso che in generale la tecnologia rischia di isolare gli anziani. Io ho 90 anni e uso internet, ma la maggior parte delle persone che non ha questa dimestichezza, rischia di venire tagliata fuori da tutto».
Un ricordo della carriera?
«Ho avuto il privilegio di avere genitori che all’epoca già avevano viaggiato nel mondo. Ho fatto lo sport ad alti livello perché mio padre aveva capito l’importanza dello sport nella formazione della gioventù. Quando nel ’60 si prospettò la possibilità di partecipare alle olimpiadi di Roma, andai dal mio datore di lavoro e gli chiesi 3 mesi di aspettativa e lui mi rispose che le Olimpiadi le avrei fatte sulla diga di Bomba che stavamo costruendo». (m.pa.)