La disperazione della madre di Monia, Doretta, dopo la lettura della sentenza (fotoservizio di Raniero Pizzi)

L'AQUILA

Omicidio Monia Di Domenico: pena quasi dimezzata in appello

La condanna passa da trenta a 17 anni per l'inquilino moroso, Giovanni Iacone, che due anni fa uccise la 45enne piscologa a Francavilla

L’AQUILA. Pena quasi dimezzata a 17 anni per l’omicidio di Monia Di Domenico, la psicologa di 45 anni uccisa a Francavilla da un inquilino moroso, l’11 gennaio del 2017. Lo ha deciso oggi la corte d’Appello dell’Aquila.

Omicidio di Monia, la lettura del verdetto in corte d'Appello all'Aquila

L’imputato, Giovanni Iacone, era stato condannato in primo grado a 30 anni di carcere con il rito abbreviato. Secondo il giudice del Tribunale di Chieti, Isabella Maria Allieri, l’uomo ammazzò la psicologa _ originaria di Corropoli e residente a Pescara _ con «una ferocia inaudita». Non si fermò davanti «alle suppliche» della donna, mostrando «una volontà di infliggere sofferenze aggiuntive con la piena consapevolezza che la vittima fosse ancora viva». In appello, la condanna è passata da trenta a 17 anni. Sentenza che i familiari della vittima non riescono a comprendere. Durante la lettura verdetto, nell’aula della corte d’Appello, c’era anche Doretta, la madre di Monia. Sono passati due anni e quattro mesi da quel maledetto 11 gennaio. Un tempo infinito per chi, come i genitori Doretta e Aldo, gli amici, i colleghi e gli stessi pazienti psichiatrici di Villa Serena, dove Monia lavorava, ne sente quotidianamente la mancanza. Iacone, tramite il suo avvocato Emanuela De Amicis, ha presentato ricorso contro la condanna a 30 anni facendo leva, in maniera circostanziata, sulla particolare situazione psicologica da lui vissuta in quel periodo (senza un lavoro e senza una compagna), provando a dimostrare quanto invece la perizia psichiatrica sembrava avere escluso: quel pomeriggio di gennaio, Iacone era in grado di intendere e di volere mentre colpiva Monia per 16 volte con un sasso e con un pezzo di vetro che si staccò dal tavolo andato in frantumi durante una lite improvvisa.

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