montesilvano

Omicidio Pavone: «Gagliardi colpevole, va confermata la pena a trent’anni»

Il pg Como parla di «prove concordanti» che configurano il movente passionale sul delitto dell’ingegnere informatico

MONTESILVANO. «Le prove sono concordanti e attestano la responsabilità di Vincenzo Gagliardi». Il procuratore generale della Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila, Romolo Como, non ha dubbi: Gagliardi è responsabile dell'omicidio dell'ingegnere informatico, Carlo Pavone, colpito sotto casa con un colpo di fucile il 30 ottobre 2013, deceduto dopo un anno di coma. La condanna a 30 anni di reclusione formulata in primo grado va dunque confermata.

Durante la requisitoria, il Pg ha chiesto di rigettare il ricorso presentato dal legale dell'imputato, l'avvocato Renzo Colantonio, che davanti alla corte aquilana presieduta dal giudice Luigi Catelli (a latere Armanda Servino), è tornato a ribadire l'innocenza del suo assistito, giocandosi le sue migliori carte. Pavone, la sera di tre anni fa, era sceso in strada per gettare i rifiuti e non è mai più risalito nella sua abitazione di Montesilvano, dove viveva con i due figli e la moglie, Raffaella D'Este, che all'epoca aveva una relazione sentimentale con Gagliardi, suo ex collega alle Poste. Relazione che spiega, secondo la motivazione espressa dal gup in primo grado, il movente passionale del delitto: «L'azione omicidiaria di Gagliardi» scrive il gup, «si colloca nella relazione extraconiugale con la D'Este e la travagliata opera di contrasto posta in essere dalla vittima».

Nel condannare l'imputato, il giudice aveva, inoltre, ritenuto che «tutti gli elementi indiziari risultano gravi, precisi e concordanti e concorrono unitariamente a formare un quadro probatorio grave a carico di Gagliardi consentendo di ritenerlo, al di là di ogni ragionevole dubbio, autore dell'omicidio di Pavone».

Una convinzione che ieri ha trovato d'accordo il procuratore Como e gli avvocati Massimo Galasso e Marino Di Felice, legali dei fratelli di Pavone, Adele e Rocco, e della madre Concettina Toro, parti civili. L'avvocato Galasso ha sostenuto che la sentenza del gup è ben motivata e che gli elementi a disposizione vanno a rafforzare il quadro probatorio.

Da parte sua, la difesa, ha tentato la carta del coltello rinvenuto a circa 50 centimetri dal corpo della vittima. Elemento, a dire dei legali dell’imputato, trascurato e prova dell'innocenza di Gagliardi, che ieri presente in aula. Colantonio ha poi sostenuto che le sostanze ritrovate sugli indumenti sequestrati al suo assistito non sarebbero di provenienza univoca da arma da fuoco e ha contestato la fattibilità dell'omicidio sotto il profilo spazio temporale. Tutte tesi, però, che non hanno retto in primo grado e, infatti, l'impiegato della Posta, ai domiciliari da diversi mesi, è stato condannato per omicidio volontario premeditato al massimo della pena, cioe' l'ergastolo, ridotto o a 30 anni per lo sconto di pena previsto dal rito abbreviato. La linea difensiva avrà convinto i giudici di secondo grado? La risposta arriverà tra un mese: la Corte aquilana, infatti, ha rinviato al 20 maggio per le repliche e la sentenza.

©RIPRODUZIONE RISERVATA