Ortona, trenta pugnalate per uccidere la moglie e l'amica

Francesco Marfisi era stato lasciato da Letizia Primiterra e pensava che tra le due donne ci fosse una relazione. Le ha colpite trenta volte con due coltelli, poi è stato arrestato

ORTONA. Una trentina di coltellate inferte su due donne inermi. Le prime quindici sulla moglie che voleva lasciarlo; le altre sull’amica di questa: perché tra le due era nata una relazione sentimentale. Almeno questo è quello che pensava l’assassino. Un duplice delitto che ha scosso la tranquillità della comunità ortonese in un Giovedì santo che la città si accingeva a dedicare ai primi riti della Passione di Cristo. Francesco Marfisi, 50 anni, di Ortona, l’omicida, è stato bloccato dai carabinieri e da un poliziotto che lo hanno visto, tutto insanguinato, mentre tornava, coltelli in mano, nel palazzo di via Zara, nel popoloso rione San Giuseppe, dove a terra aveva lasciato il corpo senza vita della moglie, Letizia Primiterra, 47 anni: pare volesse uccidere l’altra amica Chiara che da qualche tempo stava ospitando la congiunta in attesa di trasferirsi. Nel frattempo, dopo avere compiuto il primo delitto, aveva raggiunto la zona artigianale di Tamarete, a poca distanza dall’uscita del casello dell’A14, a circa cinque chilometri dal centro cittadino, dove in pochi minuti aveva pugnalato a morte anche Laura Pezzella, 33 anni, davanti ai suoi due figlioletti di 5 e 6 anni. Insomma, una furia omicida senza freni che si sarebbe potuta concludere con altro sangue e altre vittime e placata grazie all’intervento delle forze dell’ordine.

Il duplice femminicidio si è consumato nel giro di un’ora, appena dopo le 14. Marfisi, dipendente di una ditta di gas - da qualche tempo era andato a vivere dalla madre - si è presentato davanti alla palazzina di via Zara nella quale la moglie Letizia, madre di tre figli, stava trascorrendo le sue giornate ospite di un’amica, in attesa di trovare un alloggio alternativo nel quale andare a vivere insieme ai ragazzi. Qui l’uomo ha fatto scendere la moglie aspettandola nell’androne. All’improvviso le ha urlato contro prima di estrarre dalla tasca di una giacca uno dei due grandi coltelli da cucina. I colpi sono stati inferti con ferocia nella zona dell’addome e del torace. Letizia è deceduta nel giro di pochi minuti. La prima figlia della donna, di 25 anni, è scesa all’ingresso del palazzo consapevole che stesse succedendo qualcosa di grave. Con lei è arrivata anche l’amica che ospitava Letizia. Forse è nata anche una colluttazione con il padre, tant’è che la figlia, tra l’altro al quinto mese di gravidanza, è rimasta lievemente ferita alla testa: forse ha preso un colpo dal padre. Più tardi andrà al Pronto soccorso del Bernabeo per farsi medicare. A questo punto Marfisi è scappato. Alcuni testimoni raccontano che per strada prima di tornare sulla sua auto, ha urlato “Adesso vado a uccidere anche l’altra”. Tant’è che di lì a poco l’uomo ha imboccato la strada che porta fuori città raggiungendo l’abitazione dell’altra amica della moglie, Laura. Ha parcheggiato l’auto sotto la villetta in cui la donna, pescivendola al porto e figlia di un pescatore, viveva con il marito Massimo Quartieri, agricoltore. Ha suonato il campanello facendosi aprire l’uscio in tono confidenziale. Quindi ha raggiunto il primo piano. Nonostante la presenza dei figlioletti della coppia - ieri non erano andati a scuola per le festività pasquali - si è scagliato contro la Primiterra prima a parole e poi uccidendola, anche in questo caso con una quindicina di coltellate tra l’addome e il torace. Ma la furia omicida di Marfisi non si è fermata nemmeno a quel punto. L’uomo è risalito in auto, ha percorso il tragitto a ritroso, ed è tornato in via Zara, nel centro cittadino, pensando magari di riuscire ad ammazzare anche l’amica che fino a pochi minuti prima aveva ospitato la moglie Letizia. Ma qui, nella vicina via Tedesco, è stato riconosciuto da alcuni testimoni e bloccato dalle forze dell’ordine. Marfisi non ha opposto resistenza: una volta disarmato è stato trasferito nella caserma della compagnia dei carabinieri di via Roma dove è stato interrogato fino a tarda notte, alla presenza dell’avvocato d’ufficio Rocco Giancristofaro, di Ortona.

Le indagini sono state coordinate dal sostituto Giancarlo Ciani, della Procura di Chieti. I rilievi soni stati eseguiti dai carabinieri del comando provinciale agli ordini del colonnello Luciano Calabrò, della Compagnia di Ortona coordinata dal capitano Roberto Ragucci, e dal reparto investigazioni scientifiche del comando provinciale. La salma della Primiterra è stata portata via dal palazzo di via Zara intorno alle 17,50: erano quasi le 19 quando il cadavere di Laura Pezzella è stato invece spostato dalla villetta di Tamarete. Le salme sono state trasferite nel policlinico di Chieti: saranno sottoposte ad autopsia martedì dal medico legale Pietro Falco che ieri ha già eseguito una sommaria ispezione sui corpi. Durante le aggressioni Francesco Marfisi ha riportato alcune escoriazioni alla testa, segno che le donne hanno provato a difendersi. Pare che nei giorni scorsi Letizia Primiterra volesse denunciare il marito per presunti maltrattamenti subiti di recente. In passato aveva anche segnalato la sua situazione col marito che si era fatta insopportabile. Per tutto il pomeriggio gli investigatori hanno ascoltato testimonianze e racconti sulle due aggressioni. Con la città passata improvvisamente da un clima di riflessione religiosa a un baratro surreale di paura ed emozioni. Restano gli sguardi smarriti dei due figlioletti della Primiterra, che un parente, con tutte le accortezze del caso, ha portato via lasciando l’abitazione dove fino a poco prima avevano giocato con la mamma. Marfisi ha confessato il duplice delitto in tarda serata. Ora è rinchiuso nel carcere di Chieti.

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