Pescara al ballottaggio, Luigi Albore Mascia: "I pescaresi votino me, cambierò la città"

PESCARA. «Devo inaugurare il Ponte nuovo e devo portare a compimento la manutenzione delle strade». Sono questi i due motivi principali per i quali Luigi Albore Mascia, il sindaco uscente del centrodestra, ricandidato, chiede agli elettori di rivotarlo per altri cinque anni dopodomani, quando sfiderà al ballottaggio il candidato del centrosinistra Marco Alessandrini. Dunque al sindaco, che ci riceve rilassato, pur tra la frenesia della campagna elettorale che si concluderà stasera a piazza Salotto, nel suo ufficio al Comune, serve un altro lustro. Insomma, «sarebbe meglio rimanere altri cinque anni, per completare un ciclo».

D’accordo, ma nel caso non fosse rieletto?

«È un’eventualità che non prendo in considerazione. Ma nel caso sarò impegnato come consigliere e avvierò un momento di riflessione professionale, ricominciando con la mia attività di avvocato».

Nel frattempo alle spalle si lascia un quinquennio.

«Sono stati cinque anni appassionanti, intensi e straordinari. Dalla vecchia amministrazione non abbiamo ereditato nulla, se non il Ponte del mare. E se questo è uno svantaggio, da un altro lato non lo è, poiché puoi agire senza condizionamenti. E la nostra soddisfazione è stata tanta: penso ai Giochi del Mediterraneo del 2009, al Festival dannunziano, alla vittoria su Marsiglia per i Giochi del Mediterraneo sulla spiaggia del 2015, e al ripristino del collegamento marittimo con la Croazia. E sono stati anche anni di responsabilità».

Cioè?

«Penso alla nevicata del 2012 e poi all’alluvione dell’anno dopo, con il dolore per l’annegamento della signora Mancini, per l’omicidio Rigante e per la morte del calciatore Morosini. Una grande sofferenza poi c’è stata anche per il mancato dragaggio del fiume. Governare è come la vita, una montagna russa. E se mi guardo allo specchio, e mi confronto con cinque anni fa, mi trovo fisicamente invecchiato».

C’è qualcosa che avrebbe voluto realizzare, ma che non è riuscito a mettere in atto?

«Sì, avrei voluto riqualificare piazza Salotto con dei giochi d’acqua e con più verde. E poi avrei voluto il teatro dell’Adriatico. Ma tutti e due i progetti sono stati vanificati in consiglio comunale da pezzi della maggioranza e dall’opposizione, che in questi cinque anni è stata irresponsabile. Ed è questo l’aspetto che meno mi è piaciuto dei cinque anni al Comune. C’è stata un’aggressione nei miei confronti che non si giustifica, nella quale non si è mai distinto il piano politico da quello personale».

Di cosa invece è fiero su quanto compiuto dalla sua amministrazione?

«Della battaglia combattuta per via Caduti per servizio. C’erano emergenze sociali ed è cambiata con la vigilanza e gli interventi strutturali. Una battaglia che ora posso dire sia quasi vinta».

Da più parti l’hanno accusata di aver preso decisioni senza aver concertato con i cittadini.

«Non è vero. Non va dimenticato che siamo in regime di democrazia rappresentativa: nel momento in cui io ricevo un mandato, non ho bisogno di fare delle verifiche quotidiane. Ma questo non significa che non bisogna confrontarsi. Solo che la democrazia andrebbe distinta dall’assemblearismo».

Intanto domenica Alessandrini le potrebbe subentrare.

«Alessandrini è una persona perbene e di cultura. Con in più un cognome che merita rispetto e con una famiglia eccellente che lo supporta. Ma questo non fa di lui una persona con esperienza amministrativa, in grado di guidare una città complessa. E poi il Partito democratico, in questi cinque anni non gli ha dato fiducia».

Quindi i cittadini dovrebbero riscegliere ancora lei.

«I pescaresi mi devono rivotare perché sono un patrimonio di questa città e perché mi sono distinto sul piano nazionale. I cittadini dovrebbero essere orgogliosi di questo, perché Pescara, a differenza di amministrazioni passate, ha dato di sé un’immagine adamantina».

Un sogno realizzato, quello di diventare sindaco, e che potrebbe rinnovarsi.

«Infatti. Già da ragazzo ambivo ad un ruolo di responsabilità per la città».

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