l'intervista

Pescara, parla il pugile: «Gambizzato perché chiedo l’elemosina»

Emanuel Zuanel, il pugile vittima di un agguato, dal letto dell'ospedale: mi hanno sparato 5 colpi e massacrato di botte, ma io so chi è stato

PESCARA. «Mi hanno sparato perché chiedevo l’elemosina, solo perché andavo in giro a chiedere 5 euro per un piatto di pasta, per campare». Emanuel Zuanel, il pugile di 33 anni gambizzato domenica in via Lago di Capestrano, è ricoverato nel reparto di Ortopedia, il letto da dove spiega perché avrebbe dato fastidio a qualcuno, perché prima gli hanno sparato e poi è stato aggredito da 5 persone. Il pugile dalla carriera luminosa e dal passato in chiaroscuro con un arresto nel 2010 e il tentativo di redenzione in nome della boxe racconta cos’è accaduto a Rancitelli quando si è ritrovato, come dice, «cinque colpi nelle gambe». «Ho visto in faccia chi mi ha sparato e aveva una pistola così, tipo a tamburo» dice mimando la grandezza dell’arma. Zuanel, nella notte tra domenica e lunedì, è stato operato: non è in pericolo di vita, ne avrà per 45 giorni e questa è la sua versione.

Zuanel, cos’è successo a Rancitelli?

«Ero andato a trovare un compagno in via Lago di Capestrano per chiedergli un lavoro e appena sono sceso dal palazzo mi sono trovato “questo” davanti che mi ha sparato: 5 colpi alle gambe, due a una e tre all’altra».

Chi è stato a sparare?

«L’ho detto alla polizia e ho sporto denuncia».

Lo conosce?

«Sì un po’, so chi è. E’ che io non ho un lavoro, vado in giro a chiedere l’elemosina e “questi” si sono arrabbiati e poi è successo quello che è successo: sotto al palazzo ho trovato la sorpresa».

Le hanno sparato solo perché chiedeva soldi?

«Sì. Chiedevo soldi per strada, 5, 10 euro qua e là perché non ho un lavoro e ne ho tanto bisogno. Devo campare anch’io, ho un figlio appena nato e non ho soldi».

Quanti colpi le hanno sparato?

«Cinque, prima alla gamba sinistra e poi all’altra e ora i medici mi hanno messo questo ferro. Appena sceso dal palazzo mi sono trovato di fronte “questo” che mi ha sparato e poi mi hanno crepato di mazzate. Erano in cinque, calci e pugni mentre io stavo a terra, non potevo alzarmi perché avevo il femore rotto. Io ero a terra e loro giù con cazzotti e calci e ridevano soddisfatti, li ho visti in faccia mentre mi aggredivano e sorridevano: perché io lo so, quelli pensavano “ho abbattuto un grande”. Perché io sono un pugile e la verità è che erano tutti invidiosi».

Aveva ricevuto minacce, qualcosa era andato storto?

«No, ma si diceva in giro che mi volevano fare la “giobba”».

Chi l’ha picchiata? Quanti erano?

«Erano in cinque. Uno mi ha sparato e gli altri cinque mi hanno massacrato. Li conosco solo di vista, ci salutiamo ma nulla di più».

Crede che la stavano aspettando?

«Credo di sì, perché appena sono sceso dal palazzo mi hanno sparato. Nella mia vita, lo so, non è andato tutto bene. La boxe mi ha aiutato molto ma io in questo periodo stavo cercando solo un lavoro, chiedevo solo qualche soldo in giro per vivere, per mangiare e ringrazierò di cuore chi mi darà un lavoro».

La polizia ha arrestato William Natali. Ha partecipato alla sua aggressione?

«Sì e mi dispiace perché è l’unico che conosco benissimo perché siamo cresciuti insieme a San Donato. Mi guardavo le ferite e lui, un mio amico, mi menava con gli altri. Non me l’aspettavo, mi ha deluso».

Perché crede che dava fastidio chiedendo 5 euro?

«Non lo so, è che sono tutti gelosi di me, della mia storia di pugile perché tanti ci hanno provato e non ci sono riusciti. Sono sempre stato circondato da persone invidiose che davanti ti lodano ma dietro no. Ricordo il loro sorriso mentre mi menavano perché per loro era come menare a un vip ma senza soldi».

Chi l’ha portata in ospedale?

«Una persona, non ricordo il nome; siamo andati con la mia Fiat Punto bianca. La devo ringraziare, mi ha detto: “Dai, ti porto io”».

A 17 anni è stato campione italiano dei Superwelter, poi l’arresto nel 2010 e quindi il ritorno sul ring ora di nuovo interrotto. Vuole tornare ad allenarsi?

«Si, tanto e l’ho detto anche ai medici prima di entrare in sala operatoria. Ma se qualcuno può aiutarmi, ho bisogno di un lavoro».

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